Di seguito, sono riportati i dati più importanti che il "Paese Sera" evidenziò su tutti gli aspetti principali del caso della strage di via Caravaggio a Napoli. Gli articoli (che i lettori potranno consultare nel dettaglio attraverso le pagine della rassegna stampa di allòra, pubblicate in questo blog a gennaio 2012) furono curati dal giornalista Luigi Ricci (corrispondente da Napoli del "Paese Sera"), che 13 anni dopo (il 23 dicembre 1988) sarà ospite di una puntata di "Telefono Giallo" dedicata a questa feroce ed inquietante vicenda di cronaca. Un solo articolo fu invece curato dal giornalista Enzo Rava.
-Le testimoni: Caterina Simonelli (inquilina del terzo piano del palazzo della strage, via Caravaggio 78, impiegata presso la base militare Nato di Agnano) avverte "un grido lancinante" verso le 23:30 del 30 ottobre 1975 (la sera del massacro dei Santangelo); più o meno alla stessa ora, Beatrice Putti (inquilina del terzo piano di via Caravaggio 78, figlia dei portieri dello stabile, Ugo Putti e Flora Testa) dichiara di avvertire "un urlo e un tonfo".
-Il portiere Ugo Putti sulle abitudini della famiglia Santangelo: il portiere dello stabile, Ugo Putti, li notava molto di rado e quasi esclusivamente quando i Santangelo (Domenico, Gemma, Angela) uscivano dal condominio per i rispettivi impegni di lavoro. Per consegnare loro la posta doveva quasi spiare i movimenti del palazzo per notare quando i Santangelo passavano.
-L'avvocato Mario Zarrelli: nipote della signora Gemma Cenname, fu messo in allarme (per la mancanza di notizie della zia e dei familiari di lei, il marito e la figliastra) da una telefonata fattagli dalla direzione della clinica "Villa del Pino", presso la quale la Cenname svolgeva la professione di ostetrica dal 1 aprile 1972. Il personale della clinica era preoccupato perchè la signora Cenname era una persona molto diligente e precisa sul lavoro. E non si sarebbe mai assentata per un periodo prolungato dal proprio posto di lavoro senza avvertire qualcuno.
-La polizia, sull'assassino: "E' un individuo che frequentava i Santangelo e che non conosce emotività".
-La dinamica della strage, secondo la polizia: "La prima ad essere colpita è stata la ragazza, che in quel momento doveva trovarsi nel salotto con l'assassino. L'improvviso colpo in testa, poi la rasoiata alla gola, poi il cadavere della giovane trascinato sul letto e avvolto in un lenzuolo. Poi sarebbe stata la volta del padre, che era nello studio e in quel momento mangiava una banana. Un colpo alla testa, una micidiale rasoiata".
-(Le vittime) Domenico Santangelo ("Una personalità non ancora delineata a fuoco"): aveva frequentato la facoltà universitaria di medicina ed era arrivato ad un passo dalla laurea, fermandosi al penultimo esame. Successivamente, si era imbarcato (periodo 1936-1943) diventando alla fine Capitano di lungo corso. Quando scende dalle navi, lo ritroviamo prima impiegato dell'Inam e poi del Comune. Conosce Eleonora Lo Cascio e la sposa. Nel 1956 nasce Angela. All'inizio degli anni '60 Domenico Santangelo assume un incarico di amministratore di condominio per la gestione degli appartamenti dei palazzi del rione Lauro, a Fuorigrotta (Napoli). Verso la fine del 1971, è costretto però a lasciare il posto di lavoro perchè sospettato d'aver sottratto 28 milioni di lire dalle casse dell'impresa Lauro. Una vicenda che Santangelo non chiarirà mai. Poco dopo, sua moglie Eleonora Lo Cascio (sofferente di forti reumatismi) si ammala di diabete. Nel gennaio 1973, la donna muore per uno shock anafilattico causato da una errata iniezione intramuscolare di pennicillina. Inizialmente si pensa che possa essere stata la Lo Cascio a iniettarsi in maniera sbagliata il farmaco. Invece si scopre che delle cure della donna se ne occupava il marito. Domenico Santangelo ammette di averle praticato l'iniezione sbagliata, rivelatasi fatale. Viene di conseguenza indagato per omicidio ma non emergono prove a suo carico che dimostrino un'accusa di dolo e dopo qualche mese viene quindi prosciolto in istruttoria. Qualche mese dopo la morte della moglie, Domenico Santangelo conosce Gemma Cenname. I due si sposano nell'ottobre 1974 e vanno a vivere insieme in via Caravaggio 78, assieme alla figlia di lui, Angela, e assieme ad un cagnolino yorkshire di proprietà dei Santangelo, Dick. L'appartamento è al quarto piano, è di proprietà del Santangelo ed è costituito da due abitazioni fatte unire in una sola. Ha due porte, una d'ingresso e una di servizio, 9 stanze (5 vani più doppi accessori) ed è stimato sui 100 milioni di lire. Nel settembre del 1975, Domenico Santangelo trova un impiego come rappresentante di una ditta di detersivi. Guadagna 300.000 lire al mese e ogni settimana ha l'abitudine di giocare 20.000 lire ai numeri al lotto. Qualche volta o impegna alcuni gioielli della prima moglie oppure ricorre a qualche prestito finanziario da parte di sua figlia, Angela.
Domenico Santangelo emerge come una persona dal carattere particolare: un pò millantatore ed un pò megalomane, secondo qualcuno. Ci tiene a mostrare la sua agiatezza. Il suo aspetto impettito, autoritario e severo nonchè il suo modo di vestire (giacca e camicia sempre, anche d'estate) dà ad alcuni l'impressione che facesse di professione il notaio o il professore. Talvolta si fa passare per dottore, pur non avendo preso la laurea in medicina, per aver interrotto gli studi dopo il penultimo esame universitario. Ha un carattere all'antica; molto severo, molto protettivo e geloso verso la figlia Angela; è un taciturno e ha soltanto due amici, il commerciante Federico Corrado e l'appuntato di polizia stradale Francesco Zoccano. E' imparentato con vicequestori e prefetti, ha un porto d'armi e una pistola ed ha un carattere molto pauroso. Tanto che tiene sempre la porta di casa bloccata da una catena e se qualcuno bussa a casa sua controlla sempre, attraverso l' "occhio magico", di chi si tratta (fa così persino quando sale il portiere Ugo Putti a consegnargli la posta). Non riceve quasi nessuno in casa sua e non ha socializzato con nessun condomino del suo palazzo. Tanto che se incontra un coinquilino per le scale, a stento saluta. Una sentenza lo ha definito "una persona con alle sue spalle 50 anni di vita semi ignota e mutevole".
-(Le vittime) Gemma Cenname ("Nella sua vita un misterioso fidanzato"): ex insegnante di scuola elementare, poi ostetrica. Prima di trasferirisi a Napoli, vive nel suo paese d'origine, a Camigliano (Caserta). Quì, possiede tre appartamenti e due ettari di terreno (che non intende vendere), lasciati in gestione ad un suo nipote, Rocco Silvestro. Il 1 aprile 1972 viene assunta in qualità di ostetrica presso la clinica "Villa del Pino", a Napoli, e guadagna 500.000 lire al mese. La sua residenza napoletana (prima di conoscere Domenico Santangelo) è un appartamento in una palazzina di via Mario Fiore 49, che lei adatta anche come studio medico. Quando nell'ottobre 1974 sposa Domenico Santangelo, e va a vivere con lui e con la figlia di lui in via Caravaggio 78, Gemma Cenname lascia l'appartamento di via Fiore ma non completamente. Continua infatti ad utilizzarlo come studio medico. Anche Gemma Cenname ha un porto d'armi e possiede una pistola, che tiene conservata nell'appartamento di via Fiore. Nel periodo in cui conosce il Santangelo (durante il 1973), Gemma Cenname (una donna molto bella, abituata ad avere diversi pretendenti) ha una relazione con un ragioniere suo coetaneo. Qualche volta c'è stato qualche piccolo scontro tra loro due (come quando, in una occasione, il ragioniere voleva giocare a "Tressette" con alcuni ospiti). Conosciuto il Santangelo, Gemma interrompe la relazione con il ragioniere. Di carattere è definita riservata, serena e dolcissima. Molto diligente sul lavoro, presso la clinica "Villa del Pino". Anche lei non socializza con nessun condomino del palazzo di via Caravaggio 78 e praticamente non riceve quasi nessuno. Frequenta soprattutto i suoi parenti di Camigliano e in particolare una sua nipote, Fausta Cenname, che la va a trovare spesso nello studio di via Mario Fiore. Nel palazzo di via Caravaggio 78 la signora Gemma Cenname è ricordata come una persona chiusa e un pò antipatica. Qualcuno (amici dell'ex compagno della Cenname) dice d'aver visto la persona con la quale la signora Gemma aveva una relazione, prima di conoscere Domenico Santangelo, dalle parti di via Caravaggio. Circola anche la notizia che, nell'appartamento della strage, alcune foto della Cenname (che la ritraggono a Venezia assieme ad un'altra persona e che risalirebbero a prima della conoscenza con Domenico Santangelo) sarebbero strappate a metà. Certezze, al riguardo, non ve ne sono.
-(Le vittime) Angela Santangelo ("Da qualche tempo era cambiata"): diplomata alle magistrali. Una ragazza molto dolce, molto matura, che amava scrivere moltissimo (sia di tutto ciò che le accadeva, riempiendo dei diari, sia al suo fidanzato Nicola Sceral, attraverso anche dieci lettere in una stessa giornata, come in quel tragico 30 ottobre 1975). Angela frequentava un giro di amici in piazza Amedeo a Napoli: persone che non erano però molto gradite a suo padre Domenico, che con lei era molto severo e protettivo, e al suo fidanzato Nicola. Nella primavera del 1974 Angela viene assunta all'Inam di Napoli, guadagnando 150.000 lire al mese, e prende lo stesso posto di lavoro che, presso lo stesso ente, aveva ricoperto sua madre, Eleonora Lo Cascio (deceduta nel gennaio 1973). All'Inam la segue il dottor Giuseppe De Laurentiis, medico dello stesso ente, che conosce i suoi e lei da anni e che nel 1975 le presenta il suo amico Nicola Sceral, che diventa poi il fidanzato della ragazza. Angela viene descritta come una ragazza semplice (quasi sempre senza trucco, gira generalmente con camicette e jeans) ma anche moderna. Ha un carattere gioviale e allegro. A differenza di suo padre Domenico e della sua matrigna Gemma, Angela è più socievole e così viene ricordata dai condomini del palazzo di via Caravaggio 78 che ogni tanto la vedevano. Spesso, in ufficio (così se la ricordano i colleghi), canticchiava "E la vita la vita", celebre canzone del 1974 cantata da Renato Pozzetto e Cochi Ponzoni. Suonava il pianoforte e comprava sempre gli omogeneizzati per il suo cagnolino yorkshire, Dick. C'è chi ha detto che negli ultimi tempi Angela era però cambiata un pochino: aveva gli occhi cerchiati, forse era preoccupata per qualcosa. Secondo alcuni, si era molto affezionata ai familiari del suo fidanzato Nicola Sceral e cominciava ad avere un minore attaccamento verso suo padre e la sua matrigna (con la quale tutto sommato c'era stato quasi sempre un rapporto di cordialità e talvolta anche qualche confidenza). Sembra che ultimamente Angela era diventata un pochino la preoccupazione di suo padre Domenico, che spesso si confidava su questo con il suo amico commerciante Federico Corrado.
-L'ultima telefonata tra Angela e Nicola Sceral: Nicola telefona in casa Santangelo alle (secondo il "Paese Sera") ore 19:00 del 30 ottobre 1975 (la sera della strage). Chiede ad Angela di uscire ma lei gli risponde che preferisce restare a casa perchè è influenzata, benchè già sfebbrata. Angela dice a Nicola che suo padre e la sua matrigna sono in casa con lei.
-Il guardiamacchine di via Saverio Baldacchini (Napoli): interrogato dalla polizia, afferma d'aver notato la Lancia Fulvia di Domenico Santangelo dal 3 novembre 1975, in sosta. Questo tuttavia è un "mistero" che si chiarirà del tutto solo anni dopo: l'auto era stata lasciata in sosta in via Baldacchini, la mattina del 30 ottobre, dallo stesso Domenico Santangelo. Santangelo era andato a trovare con la propria vettura, in zona, quella mattina, il suo amico commerciante Federico Corrado. Al ritorno aveva però trovato la vettura in avarìa. Fu costretto a lasciarla lì e a fare ritorno a casa in altro modo. Le chiavi della Fulvia furono infatti trovate nell'appartamento di via Caravaggio 78, Federico Corrado testimoniò sulla visita fattagli da Domenico Santangelo quella mattina, la Lancia Fulvia aveva la batteria scarica, il portiere di via Caravaggio 78, Ugo Putti, dichiarò d'aver notato l'assenza dell'auto, dal garage condominiale, già alle ore 19:00 del 30 ottobre.
-I sopralluoghi: 4, eseguiti nell'appartamento di via Caravaggio 78 (il primo, la notte tra l'8 ed il 9 novembre 1975, durò cinque ore); 2, in via Mario Fiore 49 (dove si trovava lo studio medico di Gemma Cenname).
-La scoperta dei resti di Dick: quel che resta della povera bestiola, uccisa anch'essa dal feroce assassino, viene scoperto la mattina del 13 novembre 1975, al terzo sopralluogo e dopo 5 giorni dal rinvenimento dei cadaveri dei Santangelo. Dick viene ritrovato durante l'operazione finalizzata a disinfettare la vasca del bagno padronale, dentro la quale l'assassino aveva depositato i corpi di Domenico Santangelo prima e di sua moglie Gemma Cenname dopo. Questo ritardo sollevò diverse critiche e polemiche da parte della stampa e anche il Questore di Napoli (il dottor Colombo) non potè evitare un pesante rimprovero al capo della Squadra Mobile e al capo della sezione Scientifica. I resti del cane non presentavano lesioni di sorta. Segno del fatto che la povera bestiola era stata strangolata o soffocata.
-L'iniziale ipotesi sulle vittime "narcotizzate": in primo momento, gli inquirenti ritennero che l'assassino avesse narcotizzato le tre vittime, utilizzando uno spruzzatore per proiettare su di loro una sostanza stupefacente atta a stordirli. Dopodichè, l'omicida avrebbe proceduto prima alla soppressione del cagnolino Dick e poi a quella dei suoi padroni. Ma l'ipotesi fu smentita dalla perizia tossicologica, che escluse la presenza di tracce di droga sui tre cadaveri. La perizia escluse anche tracce di alcol e di barbiturici.
-Gli accertamenti investigativi: il sostituto Procuratore di Napoli Italo Ormanni (che si occupò delle indagini assieme ad altri inquirenti, tra i quali il capitano dei carabinieri Roberto Conforti, del Nucleo investigativo, e il maggiore dei carabinieri Glauco Grillo, comandante della "Radiomobile") sostiene di essere su "2 piste investigative" e definisce l'assassino "uno psicopatico pervaso da una estrema disperazione". Secondo il magistrato, l'assassino va cercato nel "piccolo gruppo di persone che frequentavano i Santangelo".
Nell'appartamento non furono trovate impronte digitali, se non quelle delle tre vittime. E la presenza di un paio di guanti di gomma per lavare le stoviglie (imbrattati di sangue) nell'appartamento confermava la conclusione che l'assassino, almeno da un certo punto in poi della notte, avesse fatto ricorso ad un sistema per evitare di lasciare in giro le sue impronte digitali. Gli investigatori si orientarono subito sulla vita privata delle vittime, perchè la strage sembrava indicare l'assenza di qualunque movente vero e proprio. Una cassaforte dell'appartamento perfettamente chiusa (con le chiavi presenti nell'appartamento) e la presenza al suo interno di gioielli di valore confermava anche l'assenza di un movente a scopo di lucro. Davanti al palazzo fu lasciata per alcuni giorni una volante della polizia di guardia: era stata fatta l'ipotesi che l'assassino sarebbe potuto tornare sul luogo del delitto.
In questura, furono mostrate alcune fotografie ai nipoti di Gemma Cenname (gli Zarrelli) per vedere se riconoscevano qualcuno di sospetto; furono poste domande agli inquilini di via Mario Fiore (il palazzo nel quale la Cenname aveva uno studio medico): ogni quando vi si recava la donna, quanto vi si tratteneva, con chi vi andava. Dei controlli furono fatti anche presso la clinica all'interno della quale la Cenname lavorava, "Villa del Pino": interrogati i dirigenti e gli infermieri; ricostruita l'intera attività professionale della donna attraverso i registri. Controlli, infine, anche a Camigliano (paese d'origine di Gemma Cenname): interrogati i suoi parenti e molte altre persone. Uscì scritto che gli accertamenti investigativi riguardarono anche Domenico Santangelo e sua figlia Angela, naturalmente. Si ha però l'impressione che, nei confronti di queste ultime due vittime, i controlli furono meno estesi e meno approfonditi rispetto a quelli che interessarono la vita privata e lavorativa della signora Cenname.
-L'interpretazione della scena del delitto e della dinamica: l'assassino entra in casa Santangelo verso le 23:30 mentre Domenico e sua moglie Gemma sono in cucina, a tavola, per la cena e mentre Angela è nella camera da letto dei suoi, influenzata (indossa una calzamaglia, il panatalone di un pigiama e tiene sulle spalle una vestaglia). Secondo le prime ricostruzioni degli investigatori, riportate dal "Paese Sera", Domenico Santangelo (che era in camicia - nella vasca da bagno fu trovato a torso nudo e con il solo pantalone indosso e le scarpe ai piedi) interrompe a metà una cotoletta (ma non risulta tra le pietanze presenti sul tavolo della cucina) e riceve l'ospite nonostante ci tiene ad apparire vestito sempre in un certo modo, anche d'estate. Successivamente, poco prima di essere aggredito, consuma una banana. L'assassino colpisce Angela in maniera così forte da farle volare il suo orologio da polso. Strangola o soffoca il cagnolino Dick, lasciando del sangue e pochi peli su una mensola. Il corpo di Angela viene avvolto dentro lenzuola e coperte e lasciato sul letto. I cadaveri di Domenico Santangelo e di Gemma Cenname vengono depositati, assieme ai resti del cagnolino Dick, nella vasca da bagno padronale. In modo tale che lo scarico della vasca da bagno (nel quale scorre il sangue) assorba i liquami della carne in decomposizione, riducendo al minimo i miasmi. L'assassino si trattiene a lungo nell'appartamento perchè è in cerca di qualcosa, ma non di denaro. Quando esce, stacca il contatore dell'energia elettrica per guadagnare tempo e far pensare ad una gita dei Santangelo.
-Le sigarette nel posacenere della stanza-studio di casa Santangelo: secondo il "Paese Sera", nel posacenere della stanza-studio di Domenico Santangelo furono ritrovati due mozziconi di sigarette marca "Mercedes" e un mozzicone di sigarette marca "MS".
-L'appartamento, dopo la strage: per almeno tre anni, l'appartamento dei Santangelo rimase sotto sequestro giudiziario. Nel 1977, fuori al terrazzo dell'appartamento, si potevano notare, ancora stese, tre paia di calze ed una camicetta di Angela (le autorità competenti non provvidero a prenderle perchè a detta loro spettava agli eredi dei Santangelo acquisirle). Così come si poteva ancora notare alzata a metà la tapparella della stanza da bagno.
-L' "identikit" dell'assassino: secondo gli inquirenti e il perito settore (il medico legale, professor Achille Canfora) l'assassino di via Caravaggio "è alto massimo 1 metro e 70 centimetri; è robusto, agile, muscoloso; ha una età compresa tra i 30 ed i 40 anni; possiede nozioni di medicina; è dotato di sangue freddo; è crudele; ha una mente da professionista".
Daniele Spisso
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