Gentili lettori, pubblico di seguito un link attraverso il quale potrete accedere ad un nuovo articolo scritto oggi dal giornalista Fabio Sanvitale per Cronaca-Nera.it in merito al triplice delitto dei Santangelo. Sanvitale divulga informazioni più esatte sul tipo di reperti acquisiti e sottoposti ad analisi di laboratorio, in questi ultimi mesi, su incarico della Procura della Repubblica di Napoli, dalla Scientifica della Polizia di Stato. Non posso che rinnovare il mio augurio affinché, una delle prossime settimane o dei prossimi mesi, veniamo raggiunti da qualche felice notizia per quel che riguarda l'identità dell'assassino e/o del suo eventuale complice. Indubbiamente ci sentiamo un po' tutti "sulle spine" in questo periodo perché c'è riservatezza massima attorno all'esito degli esami scientifici e perché, di conseguenza, ancora non possiamo sapere se iniziare a gioire oppure se dover essere ancora molto cauti. Speriamo bene davvero.
*Il link dell'articolo:
http://www.cronaca-nera.it/notizie/681-asciugamano-bicchiere-mozziconi-nome-assassino-via-caravaggio.html
Daniele Spisso
Mah... Temo tanto che possa risolversi in un nulla di fatto...
RispondiEliminaStaremo a vedere. Per dovere di cronaca, è bene precisare che i frammenti di vetro compatibili con occhiali da vista (dettaglio a sostegno della pista del medico Inam) non furono repertati durante il sopralluogo. E' difatti per questo motivo che l'avv. Mario Zarrelli inserì anche questo dettaglio tra gli errori compiuti nel 1975 dagli investigatori, portando la circostanza all'attenzione del Tribunale civile di Napoli circa 10 anni fa. Quindi, che ci siano altri reperti analizzabili (reperibili), è sicuro che quei frammenti di vetro, invece, mai saranno trovati da chi di dovere adesso. Voglio aggiungere che su questo errore ho cercato personalmente di saperne di più, e già due anni fa (nel 2011). Ho interpellato, in proposito, l'avvocato che rappresentò la Parte civile dei Santangelo al processo Zarrelli d'Appello-bis a Potenza (1983-1984) e ho interpellato anche un funzionario di Polizia che partecipò al sopralluogo in via Caravaggio l'8 novembre 1975 sera. L'avvocato mi ha detto (ed è riportato anche nell'intervista che gli feci per questo blog) di non aver mai sentito parlare di questi frammenti di occhiali da vista. La stessa risposta mi è arrivata anche dal funzionario presente al sopralluogo nella casa del triplice delitto. Il quale ha aggiunto "Se ci fossero stati sul pavimento di quella casa li avremmo visti di sicuro e non li avremmo lasciati lì. Non so per quanto tempo l'avv. Mario Zarrelli è stato presente in quella casa durante il sopralluogo ma se li ha visti lui dovevamo vederli noi prima di lui". Dei frammenti di vetro non risulterebbe che l'avv. Mario Zarrelli ne parlò nei processi a carico di suo fratello Domenico. Almeno non in quelli di Corte d'Appello (Napoli - Potenza): perchè nelle motivazioni di queste due sentenze non sono menzionati. E si badi che nelle motivazioni della sentenza d'Appello di Napoli in particolare (6 marzo 1981) c'è un paragrafo interamente dedicato a tutti i dati che sostengono la pista che porta al medico Inam. L'avv. Mario Zarrelli non ne parlò neanche a Telefono Giallo il 23 dicembre 1988, al termine di tutto l'iter giudiziario penale che aveva riguardato suo fratello Domenico. Pare, quindi, che questo dato spunta fuori (e per la prima volta) direttamente nell'ambito del processo civile promosso in favore di Domenico Zarrelli (2004-2006).
RispondiEliminaHo notato che anche l'articolo ultimo di Fabio Sanvitale ha definito "strani" i mozziconi di sigaretta rinvenuti nell'appartamento di via Caravaggio. Quindi sembrerebbe confermata e non smentita l'impressione che ne ricavò il Dott. Romano Argenio quando li vide nei posacenere e sui pavimenti di quella casa la sera dell'8 novembre 1975, durante il sopralluogo. Io, nel corso delle mie ricerche su questo caso, ebbi modo (circa due anni fa) di parlare anche con il magistrato che all'epoca partecipò al sopralluogo in via Caravaggio proprio la sera dell'8 novembre '75. Mi parlò anche lui dei mozziconi di sigaretta dicendomi che c'era qualcuno che di proposito glieli faceva notare a mano a mano che il sopralluogo procedeva. Questo qualcuno non era però uno degli addetti ai lavori. Era un'altra persona, lì presente. Mi fu fatto il suo nome ma in pubblico non posso riportarlo naturalmente. Ricordo che il magistrato mi fece capire questo: ebbe come la sensazione che questo qualcuno gli voleva far notare di proposito quei mozziconi di sigaretta perché in realtà si sarebbe trattato di falsi indizi posti per sviare le indagini.
RispondiEliminaNel 1975 tante "procedure" non esistevano... Ti immagini oggi, quasi nel 2014, un fatto di cronaca così grave come un'intera famiglia sterminata in casa, se fosse possibile che dei NON addetti ai lavori possano minimamente avvicinarsi alla scena del delitto?
RispondiEliminaQuesta storia è iniziata male già da quell'8 novembre Daniele.
Che tu sappia, sai anche come mai questa persona si trovò lì quella sera? Non ci devi rispondere se ovviamente si rischia di arrivare al nome.
Ma gli ultimi articoli che hai pubblicato ci fanno capire che la storia è più complicata di quello che sembra.
Se dicessi perché questa persona si trovava lì quella sera diventerebbe facile capire chi è. Posso solo ribadire che non era un addetto ai lavori e che nonostante ciò stette in quella casa (non si sa per quanto tempo: poco o molto) assieme agli addetti ai lavori. Ognuno quindi è in grado di fare le proprie deduzioni al riguardo.
RispondiEliminaCerto, scusami. È come il gatto che si morde la coda. Non volevo fare giri di parole per arrivare a questo, scusami. Solo evidenziare l' "anomalia" di un non addetto ai lavori oresenti sul luogo del delitto.
RispondiEliminaImpensabile, al giorno d'oggi.
Sicuramente un tempo molte cose erano molto più semplici e molte procedure meno rigide ergo più facili da scavalcare.
"Tutelare" la scena del delitto è molto importante per evitare rischi di contaminazioni. Contaminazioni che possono cancellare o comunque danneggiare i dati lasciati da chi era presente al momento del compimento del crimine (l'assassino). Sono procedure che oggi vengono rigidamente applicate proprio per evitare simili rischi. E oggi non ci si può muovere sulla scena del delitto, durante il sopralluogo, senza aver prima protetto i luoghi dai propri abiti, scarpe, mani, capelli, naso e bocca. Purtroppo nel 1975 non si seguivano simili procedure. E nel caso di via Caravaggio le cose andarono in un certo modo perché all'inizio la Polizia e i Vigili del Fuoco non sapevano se all'interno di quell'appartamento era avvenuto o no un omicidio. Sapevano, dietro segnalazione di Mario Zarrelli-Elisa Testa-Fausta Cenname, di una stranissima mancanza di notizie dei Santangelo da ormai 9 giorni ma allo stesso tempo non sapevano (non avevano la certezza, quanto meno) che dentro l'appartamento vi era una scena del delitto da dover isolare. Ciò non toglie (e su questo sono d'accordo anch'io) che invece dopo bisognava evitare il caos che si verificò e nel momento in cui si capì che c'era stato un triplice delitto, subito dopo il riconoscimento a prima vista dei tre cadaveri, bisognava mandare via tutti. Sia i parenti dei Santangelo lì presenti, sia i giornalisti nel frattempo intervenuti.
RispondiEliminaDa quello che ricordo io dalle immagini di repertorio, ricordo un continuo viavai di gente davanti alla porta di ingresso dei Santagelo, ed una folla incredibile.
RispondiEliminaÈ vero che, quando accadono queste cose, la folla di cuoriosi c'è sempre, ma come dici giustamente tu, la scena del crimine non fu protetta.
È vero che quando l'avv. Mario Zarrelli insieme alla moglie e Fausta Cenname si recarono in questura a denunciare la scomparsa dei parenti, non potevano immaginare che quell'appartamento di via Caravaggio fosse teatro di una delle più agghiaccianti scene dell'orrore, ma nel momento in cui, polizia e vigili del fuoco hanno fatto l'atroce scoperta, avrebbero dovuto serrare la porta di ingresso e non far entrare nessuno se non gli addetti ai lavori. Tutt'al più avrebbero concesso all'avv. Zarrelli di entrare temporaneamente per il rituale atroce riconoscimento dei cadaveri.
Ma, come sappiamo Daniele, è andata diveramente....
Non so che dire..... Il comportamento e le dichiarazioni del medico restano un pò ambigui, oltre agli indizi (non so se i graffi sul volto siano entrati nelle carte del processo sin dall'inizio). La pista malavitosa è anch'essa molto robusta.
RispondiEliminaTuttavia mi colpisce la ritrosia degli Zarrelli di fronte a una eventuale identificazione del colpevole, pur se magari è deceduto. Sommato al silenzio della Procura a sette mesi dalla fine delle analisi, mi induce di nuovo a ritenere "riscaldata" la pista dell'avvocato...
Sono pienamente d'accordo con te, Sundance, al 100%. È normale che colpiscano le reazioni quanto meno insolite del De Laurentiis nell'apprendere da Nicola Sceral che Angela è ormai irreperibile da diversi giorni. Come minimo egli avrebbe dovuto informare altri superiori dell'INAM. Dalle ricostruzioni è vero che Angela andò a casa la mattina del 30 ottobre a causa di un'influenza, ma, a meno che il medico non le avesse dato almeno 10 giorni di malattia, i colleghi ed i superiori avrebbero dovuto chiedersi come mai la ragazza non faceva ritorno al lavoro senza dare notizie. Contrattualmente è un'assenza ingiustificata. A maggior ragione l'allarme avrebbe dovuto essere accentuato dalle notizie di Nicola Sceral secondo cui la famiglia non era reperibile nè a casa nè al telefono da diversi giorni.
RispondiEliminaInfatti, al contrario, alla clinica dove la sig.ra Cenname avrebbe dovuto riprendere servizio si preoccuparono, e molto. Infatti furono loro, se non ricordo male le ricostruzioni, a contattare i parenti della donna per avvisare che Gemma da giorni non era rientrata al lavoro senza dare notizie di sè.
Per quanto riguarda la reazione dell'avv. Mario Zarrelli alle analisi sui reperti anche io sono rimasta sorpresa da questo suo pessimismo e da questa sua riluttanza. In questo caso, però, non mi sento di insistere più di tanto. Forse nessuno di noi può davvero capire cosa abbiano dovuto sopportare per anni ed anni lui e la sua famiglia. Un lutto vissuto in modo atroce, il fratello condannato ingiustamente, il vero colpevole che mai pagò per il triplice delitto. Oggi i fratelli Zarrelli sono persone anziane (a ricordi di logica dovrebbero essere sulla settantina), con un vissuto carico di dolori, infamia e peripezie. E sicuramente delusi da quella giustizia che loro stessi, con la loro professione di avvocati, tutelano e che li dovrebbe tutelare non avendo mai individuato e condannato il vero colpevole. Non dico che l'avv. Mario abbia ragione o torto, dico solo che non può parlare col dolore degli altri. Forse oggi, a distanza di 40 anni, chiedono solo di essere finalmente lasciati in pace.forse oggi sono semplicemente stanchi, ed è una stanchezza interiore che noi, che vediamo la vicenda dall'esterno e che non abbiamo MAI vissuto, non possiamo capire.
Anche io, come te e come Daniele, che tanto ha lavorato faticosamente su questo blog, ritengo e riteniamo che, anche se deceduto, il nome di quell'uomo debba essere svelato. Perchè in ogni caso Domenico, Gemma, Angela e Dick non hanno mai avuto verità e giustizia. Perchè un triplice omicidio di questo tipo non dovrebbe conoscere prescrizione non solo al livello legale, ma anche al livello morale.
Non so perchè i risultati degli esiti delle nuove analisi tardano ad essere svelati. Magari hanno trovato "qualcosa" che merita di essere approfondito. Almeno in questo cerchiamo di essere ottimisti.
Quello che per adesso mi sento di dire è che non condivido l'opinione dell'avv. Mario Zarrelli e proprio per i motivi che tu hai esposto Maria. Cioè: dovrebbe essere loro forte interesse conoscere il nome e la faccia di colui che l'avrebbe fatta franca per 40 anni e quindi di colui al posto del quale avrebbe ingiustamente pagato Domenico Zarrelli. Dovrebbero sentirla come una doppia vittoria personale e legale. Indipendentemente se costui è ancora vivo o nel frattempo morto. Differente, rispetto all'avv. Mario Zarrelli, è stata invece la reazione della moglie del dott. Giuseppe De Laurentiis. Io parlai con lei nel settembre del 2011 e ricordo che quando lei capì che il mio lavoro, le mie ricerche non avrebbero risparmiato suo marito perché, per la legge/per la giustizia lui è morto da sospettato (lo suggeriscono e lo dicono rispettivamente persino gli atti giudiziari del 1981 e del 2006 su questa vicenda), lei mi rispose "Scrivete pure tutto quello che vi pare". Cioè "Potete anche scrivere tutto quello che volete tanto a noi certe cose non ci toccano perché siamo sicuri che lui non ha avuto niente a che fare con quella storia". Mi sarei aspettato una reazione contraria, sinceramente. Cioè: una preoccupazione da parte della signora De Laurentiis e un lasciar fare da parte dell'avv. Mario Zarrelli. Purtroppo, Maria, la scena del delitto fu gestita in maniera sicuramente caotica: ti basti ricordare che fu permesso persino alle telecamere del telegiornale di entrare nell'appartamento durante alcune fasi del sopralluogo. E ti basti notare che in una di quelle immagini di repertorio dell'8 novembre '75 sera si vede un agente di Polizia che tiene il piede a qualche centimetro appena di distanza da un imbrattamento ematico presente sul pavimento del corridoio dell'appartamento. Non che questo ha causato una confusione di tracce: perché ormai il sangue era secco da 9 giorni e nessuna scarpa sarebbe riuscita a stampare impronte in macchie di sangue secche da 9 giorni. Però è per darti una idea del caos che si verificò.
RispondiEliminaInfatti, ci tengo a precisare, c'è una differenza sostanziale tra il "capire" ed il "condividere". Sebbene io possa capire le molteplici ragioni che possano spingere l'Avv. Mario Zarrelli a non mostrare più interesse per questa storia - appunto perchè, il cercare di comprendere chi non la pensa come noi è un segno di apertura e rispetto - allo stesso tempo secondo la mia sensibilità ed il mio pensiero personale, non condivido la reazione così negativa dell'avvocato.
RispondiEliminaPerchè a mio avviso un triplice omicidio come quello di via Caravaggio non può e non deve cadere nell'obio. La nostra società, la nostra giustizia non può far percepire il messaggio secondo cui basta che l'opinione pubblica se ne disinteressi ed è fatta. No. Chi ha massacrato in modo così orribile e spietato i Santangelo deve pagare. Lo stesso dicasi per altri reati e delitti (tipo Yara Gambirasio, Roberta Ragusa, ecc) che ancora non hanno un colpevole. E se non può pagare con la detenzione perchè l'assassino è deceduto, non possiamo non consegnare a quella famiglia la verità che meritano e che attendono da 40 lunghi anni.
Se non ricordo male, anche la famiglia dei Santangelo non ha dimostrato un particolare entusiasmo in una probabile riapertura delle indagini. O sbaglio Daniele? Quando parlammo dell'appartamento ieri/oggi dei Santangelo, mi sembra che tu dicesti che gli eredi chiesero di essere tenuti fuori da questa storia. Magari a quei tempi la notizia delle analisi dei reperti non era ancora trapelata.
Per quanto riguarda la Sig.ra De Laurentiis, invece, più di tanto non mi sorprendo Daniele. Ormai viviamo in una società in cui il motto è "la migliore difesa è l'attacco". Quante volte ti è capitato (scusa l'esempio poco consono) di guidare nel traffico e, se una macchina ti taglia la strada, il conducente invece di scusarsi, ti ci manda pure?
Con questo lungi da me dal presumere che la reazione aggressiva della sig.ra De Laurentiis celi in realtà un'ammissione di colpevolezza.
Di certo, anche se il marito fosse stato colpevole, lei non avrebbe mai mostrato il fianco con un estraneo. Questo è comprensibile. E comunque, sempre parlando per ipotesi, magari la sua esclamazione celava un'altra inquietante verità che tutti sappiamo, ossia che, anche se dovesse risultare lui essere l'assassino, cosa potrà mai accadere? Nulla. Il medico è morto e sepolto e di certo la signora non andrebbe in galera al posto suo. Potrebbe essere incriminata solo se lei avesse sempre saputo e taciuto, quindi sarebbe complice. Ma vallo a dimostrare. Ovviamente parliamo SOLO ED ESCLUSIVAMENTE di ipotesi.
Che la scena del delitto fu caotica ed inquinata da chiunque, Daniele, lo si evince facilmente: basti pensare alla foto dei coniugi Santangelo in bella mostra morti sgozzati nella vasca da bagno che ha fatto il giro di tutte le testate giornalistiche. Al giorno d'oggi sarebbe inconcepibile che gli inquirenti lascino scattare delle foto a dei cadaveri in bella mostra inquinando oltretutto uno dei principali ambienti della scena del crimine, ossia il bagno padronale. Forse fu il clamore che suscitò la scoperta quella sera, forse è perchè 40 anni non si era abituati a vedere dei morti ammazzati con tanta facilità come purtroppo accade oggi, forse 40 anni fa, non conoscendo la presenza del DNA, tante "precauzioni" investigative furono ignorate. Ma il caos regnò. Convengo che c'è molta differenza tra le "non precauzioni" che non prese il poliziotto che camminava attraverso le imbrattature ematiche, pur non alterando in quel senso la scena del delitto (infatti anche l'ipotesi che l'assassino tornò sulla scena del delitto fu scartata proprio in virtù del fatto che il sangue, dopo 24 ore, è già coagulato) e il caos generale del non addetto ai lavori che si trovava là vuoi per dovere di cronaca o per semplice curiosità.
Ma purtroppo oggi la storia ci conferma che anche da lì tutto partì col piede sbagliato.
Ti confermo che sia i parenti (ancora vivi) di Domenico Santangelo sia il figlio (avvocato anche lui) dell'ex legale di Parte civile dei Santangelo hanno preferito non rientrare in questa vicenda. Sui parenti di Domenico Santangelo non so quale può essere stato lo specifico motivo. Il figlio dell'ex avvocato di Parte civile mi disse che non gli andava perché convinto che l'unica pista valida è quella che portò a Domenico Zarrelli.
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