Gentili lettori, l'intervista che segue mi è stata
gentilmente rilasciata dal giornalista investigativo e scrittore Fabio
Sanvitale. Sanvitale è un esperto di casi storici della cronaca nera italiana
ed internazionale; ha scritto per "Il Tempo", "Il
Messaggero", "Detective" e ha collaborato con Rai Educational. Studioso di Criminologia ha
recentemente pubblicato due libri di successo, "Un mostro chiamato
Girolimoni" (edito nel 2011) e "Morte a via Veneto" (edito nel
2012), mentre è appena uscito
“Omicidio a Piazza Bologna”, tutti firmati assieme ad Armando
Palmegiani, e ha raccolto tutte le notizie inerenti la sua attività nel sito
Internet www.fabiosanvitale.com.
Ho deciso di interpellarlo perchè, in qualità di vice-capo
redattore del portale di giornalismo e d'inchiesta "Cronaca-Nera.it",
Fabio Sanvitale ha firmato (per lo stesso portale) un paio di articoli,
pubblicati il 31 ottobre ed il 20 novembre di quest'anno, dedicati al caso
della Strage di via Caravaggio. Argomento del mio blog.
-Buona sera Fabio. La
ringrazio di aver accettato il mio invito a rilasciare questa intervista.
Grazie a lei per l’invito. E’ un piacere parlare di questo
caso in un blog come il suo.
-Grazie. Fabio, come
ricordavo poc'anzi, lei ha recentemente firmato un paio di articoli dedicati al
caso della Strage di via Caravaggio. Vogliamo ricostruire, per i lettori,
quello che è accaduto negli ultimi due anni e cioè da quando la Procura della
Repubblica di Napoli (nella persona specifica del Procuratore aggiunto Dott.
Giovanni Melillo) ha preso in considerazione la proposta di riaprire il
fascicolo d'indagine su questo caso?
E’ accaduto questo. Due professionisti, Imma Giuliani (criminologa)
e Fabrizio Mignacca (psicologo e psicoterapeuta) hanno chiesto alla Procura di
Napoli di riaprire le indagini, sulla base del fatto che con le nuove
tecnologie sarebbe probabilmente stato possibile scoprire qualcosa di nuovo,
far parlare la scena del crimine in un modo nuovo rispetto al 1975. Va detto
che né Giuliani né Mignacca rappresentano le eredi Santangelo: si tratta
davvero di una iniziativa personale volta ad accertare la verità. La Procura si
è convinta e si è messa all’opera.
-Nei suoi articoli ci
informa che alcuni reperti della scena del crimine sono stati acquisiti
dall'archivio "Corpi di reato" del Tribunale di Napoli per essere
indirizzati ad analisi di laboratorio condotte dalla Scientifica. Vogliamo
ricordare quali sono i reperti in questione, per l'esattezza?
Certo. Si tratta di un asciugamano, di alcuni mozziconi di
sigarette e di un bicchiere. L’asciugamano era macchiato di sangue e bisognava
stabilire di chi. I mozziconi hanno sempre rappresentato un rebus, visto che
non furono attribuiti alle vittime (che comunque non li avrebbero gettati per
terra, dentro casa loro…). Il bicchiere è quello in cui o l’assassino o
Domenico Santangelo bevvero del liquore fino ad un attimo prima della strage.
-Sono stati acquisiti
questi perchè restano gli unici reperti a disposizione dopo circa 40 anni
oppure perchè sono gli unici che si sono conservati in buono stato e che
presentano tracce ritenute più "ricche" d'informazioni biologiche per
la Scientifica?
Io credo perchè sono quelli che potevano presentare tracce
più significative per l’indagine. Non so esattamente quali reperti siano stati
conservati e quali no, di quelli di allora: ma presumo che li abbiano
conservati tutti, essendo il caso ancora aperto. Ma una cosa è certa: del
sangue nell’impronta (per fare l’esempio più eclatante) abbiamo solo la
foto, del sangue nell’asciugamano
abbiamo tutto, invece.
-E' la Scientifica
della Polizia di Stato o quella dell'Arma dei Carabinieri ad essersi occupata
di queste analisi di laboratorio? Da quanto tempo gli esami sono terminati?
Se ne è occupata la Polizia e il bello è che gli esami sono
terminati ormai dalla scorsa primavera.
-Nel suo articolo ci
parla dei mozziconi di sigaretta trovati
in via Caravaggio dopo la scoperta del triplice delitto, chiamandoli
"strani". Perchè li ha definiti "strani" quei mozziconi?
Per lo stesso motivo per cui li definisce così il dott.
Argenio, il commissario che entrò per primo nell’appartamento, dopo che i
vigili del fuoco ebbero scoperto la mattanza. Definirli mozziconi è dire
troppo: erano sigarette bruciate poco oltre la metà, e quindi gettate per
terra. Sappiamo che in casa Santangelo i mozziconi stavano debitamente nei
posacenere. Quindi queste altre mezze sigarette le aveva lasciate l’assassino.
Ma le aveva lasciate o le aveva messe apposta? Sono d’accordo con Argenio, si
trattò di una messinscena alla buona, per confondere le tracce. Altrimenti
sarebbero stati fumati fino in fondo, come gli altri.
-Nel suo articolo ci
parla di un asciugamano macchiato di sangue. Un dato inedito fino ad oggi: può
dirci in quale stanza dell'appartamento fu trovato questo asciugamano e se è
giusto supporre che l'assassino lo impiegò per tamponare una propria eventuale
ferita?
E’ andata proprio così. Come spesso capita, l’assassino si è
ferito mentre uccideva. E quindi ha usato l’asciugamano, compiuta la strage,
per tamponare la propria ferita. Forse lo ha usato anche per pulirsi del sangue
delle vittime. Tracce mute nel 1975, ma
che nel 2013 hanno raccontato tutta un’altra storia. Credo, ma non sono sicuro,
che l’asciugamano sia stato trovato in bagno.
-Il bicchiere trovato
sulla scrivania di Domenico Santangelo, nello studio, fu adoperato dalla
vittima o dall'assassino secondo i nuovi inquirenti?
Non so cosa ne pensino gli inquirenti. Io dico dall’assassino.
Per quanto fosse tardi, i Santangelo stavano cenando e forse anche preparando i
panini per il giorno dopo, quando sarebbero partiti per fare il ponte dei
Morti. Se guardiamo bene cosa c’era sul tavolo della cucina non si può non
pensarlo. Quindi è improbabile che Domenico Santangelo si sarebbe messo a bere
whisky con l’ospite, visto che stava ancora cenando. Ne deduco che sia stato
l’assassino a bere.
-Che lei sa, Fabio,
la Scientifica ha esaminato con tecniche moderne le impronte di tacco trovate
"stampate" in pozze di sangue, larghe 7 centimetri e all'epoca
attribuite (sulla base di questo parametro) ad un numero di scarpa 41-42?
No, che io sappia non lo hanno fatto. Immagino, ma è una mia
supposizione, perché di quelle importantissime impronte oggi ci restano solo
delle foto. E non so se sulla base di fotografie se ne possa trarre qualcosa di
nuovo.
-A quali risultati
sono giunte le analisi di laboratorio sui reperti che abbiamo citato?
Ad estrarre un Dna valido dal sangue trovato
sull’asciugamano, un dna nuovo.
-Il DNA acquisito è
stato comparato con i profili delle tre vittime della strage? Ha escluso o meno
le tre vittime?
Non so se ci sia o meno il DNA delle vittime su quel
reperto.
-Possiamo affermare che la Scientifica ha scoperto un DNA e quindi un profilo completo di una persona? Possiamo affermare che la Procura della Repubblica di
Napoli conosce l'identità genetica di una persona?
Esatto. Da alcuni mesi la Procura di Napoli sa nome e
cognome dell’assassino.
-Questo DNA è stato
comparato con i profili genetici di tutti coloro che entrarono all'epoca in
questa vicenda come sospettati e/o accusati? Che risultati hanno prodotto
queste comparazioni?
Ovviamente sì, questa comparazione è stata fatta, per tutti
i nomi che entrarono nell’inchiesta. I
risultati non si sanno ed è quello che tutti vorremmo sapere.
-Arrivata a questo
punto come mai allora (secondo lei, Fabio) la Procura della Repubblica di
Napoli ancora non ha pubblicamente divulgato la notizia su ciò che ha scoperto?
Probabilmente perché ha dovuto porre in essere tutta una
serie di accertamenti su questa vicenda. Almeno all’inizio. Ma ora sono passati
molti mesi. Cosa aspettano a dire la verità, allora?
-Ci sono altri
accertamenti investigativi in corso che lei sa, Fabio?
In questo momento tutto tace, è difficile dirlo. In Procura
le bocche sono cucite. Molto cucite.
-Lei è fiducioso?
Come pensa che finirà questa storia terribile che attende giustizia per tre
vittime e un cagnolino da ormai 40 anni?
Più che fiducioso, sono perplesso. Il tempo passa e tre
morti attendono giustizia. E' davvero paradossale quello che sta succedendo. Forse
via Caravaggio non va più di moda, dopo tanti anni. Ma i morti ci sono e
restano. E quei morti attendono giustizia. Non importa quanti anni sono
passati.
-Grazie.
Grazie a lei.
Daniele Spisso
(In foto: il giornalista investigativo Fabio Sanvitale)
Pazzesco!! E se ho capito bene, ipotizzando che i sospettati siano tre, la Procura aveva già il DNA di tutti....
RispondiEliminaDi certo, come spiega nell'intervista Fabio Sanvitale, la Procura ha acquisito per le comparazioni i DNA di persone che all'epoca entrarono nell'inchiesta.
RispondiEliminaL'intervista risulta modificata?
RispondiEliminaNon ho parole... Ma perchè la Procura tace?
RispondiElimina@Sundance76: Si, dietro cortese richiesta ho dovuto cambiare qualche frase rispetto alla prima "stesura". Per (finchè la Procura non si pronuncia) ragioni legittime di chi mi ha chiesto questa cortesia e che probabilmente puoi comprendere da solo.
RispondiElimina@Maria: La mia opinione è che la Procura tace perché, forse, non sa cosa dover fare. Come doversi regolare. Questo almeno è ciò che mi viene da pensare.
Concordo Daniele. Secondo me la Procura ha trovato qualcosa, altrimenti sarebbe stato molto semplice annunciare che le analisi del DNA hanno dato esito negativo e che tutto si conclude, ancora una volta, con un nulla di fatto. Anche secondo me hanno trovato qualcosa su cui lavorare e devono decidersi sul da farsi, o forse, il da farsi incontra, tanto per cambiare, molta burocrazia ed ostacoli.
RispondiEliminaAspettiamo fiduciosi.
Sì, il giornalista lo dice chiaramente: la Procura ha il nome e cognome di colui a cui appartiene il DNA trovato sul reperto, dopo averlo anche comparato con quello delle persone entrate nell'inchiesta.
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaIl discorso è questo, Maria: se hanno trovato il DNA di Giuseppe De Laurentiis la cosa si fa processualmente complicata perchè il medico Inam è (in quanto deceduto) non più imputabile; stesso discorso se hanno trovato il DNA di Annunziato Palmiro Turro e se, quindi, anche quest'ultimo è deceduto. Se hanno trovato il DNA di Domenico Zarrelli immagino che tre sono i problemi ai quali si trova dinanzi la Procura: 1-La Giurisprudenza non consente la revisione processuale in favore della Pubblica accusa e della Parte civile neanche in presenza di una prova a carico nuova, e di tipo biologico 2-Al "danno" ci sarebbe la "beffa" (quindi l'imbarazzo): perchè Domenico Zarrelli è stato assolto in via definitiva con formula piena e perchè il Tribunale di Napoli lo ha risarcito per danni 3-Il caos che si potrebbe scatenare a livello mediatico: perchè la giustizia verrebbe accusata di non aver lavorato bene durante gli ultimi tre processi dell'ex caso Zarrelli. Quindi io vedo possibili problemi (e di questo tipo) con chiunque fosse risultato compatibile (di queste tre persone) il profilo genetico isolato dai reperti. Però, prima o poi, bisogna pur sapere cosa è stato scoperto: l'identità biologica di chi è stata scoperta. Perciò affermo "La verità sia comunicata pubblicamente costi quel che costi saperla". Anche per me è prioritario saperlo quanto prima possibile perchè in questo blog ci sono ancora 3, 4 sospettati: considerando quello che ci ha detto Fabio Sanvitale sicuramente adesso 2, 3 di loro non c'entrano di sicuro più niente con questo triplice delitto. Ed è giusto che tornino ad essere le persone che erano prima del novembre 1975. E' giusto che siano "scagionate" anche dall'interno di questo blog.
RispondiEliminaTi posso confessare, Daniele, che queste ipotesi le avevo fatte anche io? Nel senso: se il DNA estratto appartenesse al De Laurentiis o al Turro si può fate ben poco processualmente parlando perchè sono entrambi deceduti.
RispondiEliminaIn confidenza ci ho pensato anche io alla possibilità ed alle conseguenze se qualora il colpevole dovesse risultare Zarrelli... Ma non ho osato dirlo perchè non volevo suscitare polemiche all'interno del tuo blog, ma mantenere un tono basso in rispetto soprattutto per il grande lavoro di qualità ed il contributo che stai dando a questo caso. Certo, ribadisco, si tratta solo di ipotesi.
Di certo sono sicura che ci siano altri probabili indiziati, anche se forse hanno rivestito un ruolo minore rispetto ai due - De Laurentiis ed il Turro appunto- che invece hanno sempre ricoperto un ruolo di primo piano, e non solo nel blog. Però non avendo visto le carte processuali e non essendo a conoscenza fino in fondo di quali siano gli indizi davvero in mano agli inquirenti, più che formulare delle ipotesi, non posso fare.
In ogni caso, come dici giustamente tu Daniele, prima o poi questo nome dovrà saltare fuori, al di là di quali saranno le implicazioni. Perchè io Daniele, come tutti noi del resto, sono dalla parte delle vittime. Anche se dovesse essere troppo tardi per avere giustizia, di certo non lo è - e non lo sarà mai- per avere verità.
Non preoccuparti: se mi avessi anticipato con le stesse deduzioni che ho fatto poc'anzi non avresti alimentato nessuna polemica. Per il momento (è ovvio) non possiamo dire "Il DNA è risultato essere di sicuro quello di Tizio; il DNA è risultato essere di sicuro quello di Caio; il DNA è risultato essere di sicuro quello di Sempronio". Però possiamo certamente ricordare quanti sono i protagonisti diretti di questa indagine, come si chiamano e possiamo dire che il DNA ha identificato (ovviamente) solo uno di loro. Facendo (ecco) ipotesi nostre su quello che succede a seconda di chi, per ognuno di loro. Se torni nel mio paragrafo "Le piste / La prova del DNA" (novembre 2013) trovi la descrizione minuziosa e completa di tutti i dati a carico per ognuno dei protagonisti del caso: Turro, De Laurentiis, ex amante Cenname, Domenico Zarrelli. Quel paragrafo l'ho scritto proprio per dare un ultimo "quadro" completo di tutti (nessuno escluso) gli elementi di sospetto e gli indizi a carico di ognuno dei personaggi della vicenda (nessuno escluso). Aiutando così i miei lettori a leggerli quanto vogliono, a rifletterci sopra e ad arrivare all'ipotesi che loro (dopo averci pensato e ripensato) ritengono dal loro punto di vista quella giusta o quanto meno quella più convincente. In attesa di ricevere comunicazioni dalla Procura di Napoli.
RispondiElimina
EliminaTi ringrazio della tua gentilezza Daniele. Io spero tu capisca che il mio voler comunque mantenere un profilo basso è soprattutto un segno di rispetto verso il lavoro degno di nota che stai portando avanti. Nessun articolo, nessun programma tv è mai stato così pieno di dettagli, così esauriente e capillare, così puntuale nelle ricostruzioni.
Posso farti una domanda? Dalle carte in tuo possesso, dalle interviste che hai fatto in passato, dalle indagini che hai condotto, risulta ad esempio che la famiglia della sig.ra Lo Cascio sia mai stata ascoltata?
Ovviamente non è mia intenzione puntare il dito su nessuno, meno che meno senza prove o indizi, ma non credo che, al di là di quello che decretò la sentenza (mi pare la pratica fu archiviata), i parenti della sig.ra Lo Cascio presero bene la morte per lo meno in circostanze anomale della loro congiunta......
C'è da dire che, però, questa eventuale pista non spiegherebbe l'omicidio anche di Angela.
Ti ringrazio in anticipo.
Colgo intanto l'occasione per augurare a te ed a tutti i followers del blog un sereno Natale e che il 2014 i 40 anni dalla morte di questa famiglia possano finalmente regalare... IL FATIDICO NOME!!!!
Maria.
Ti ringrazio moltissimo. Mi sento davvero emozionato a leggere quello che hai scritto sul mio blog. In realtà (oltre alle piste: Zarrelli, Turro, De Laurentiis, ex partner Gemma Cenname) nacque anche una pista-Lo Cascio, per così dire. Qualcuno formulò l'ipotesi che la strage poteva anche essere stata una vendetta dei familiari di Eleonora Lo Cascio (prima moglie di Domenico Santangelo). Come movente: il ritenere responsabile Domenico Santangelo non di un errore ma di un gesto volontario quando sbagliò iniezione e la sua prima moglie (malata di diabete) per questo morì. Ci furono due sott'ufficiali dei Carabinieri che allòra prepararono anche un rapporto investigativo che avallasse questa ipotesi. Ma il suggerimento investigativo non ebbe più un seguito. Probabilmente perchè i Giudici Istruttori ritennero che era una pista inconsistente e che la ricostruzione della strage non sembrava compatibile con uno scenario come quello. Considerando, soprattutto, che il triplice delitto non sembrava per niente premeditato e considerando il fatto (come giustamente hai evidenziato anche tu) che di mezzo ci andarono anche Gemma Cenname e soprattutto Angela Santangelo (quest'ultima figlia di Eleonora Lo Cascio e non figlia di Gemma). E forse anche considerando il fatto che erano passati più di due anni: Eleonora Lo Cascio muore nel gennaio 1973. Non aveva senso una vendetta così tanto "a freddo". Almeno dai documenti ufficiali che ho io non risultano contributi testimoniali da parte dei familiari di Eleonora Lo Cascio.
EliminaGrazie per gli auguri. Li ricambio con molto piacere.
EliminaEra da molto che non leggevo il Blog e mai mi sarei aspettato di trovare un risvolto di questo genere. Leggendo gli ultimi post pubblicati dal Sig. Daniele e da voi commentati sono rimasto sbigottito. Il mio stupore trova radici nei molteplici particolari che continuano a riaffiorare in questo orrendo caso di cronaca nera che ha turbato e continua a turbare dopo quasi 40 anni le coscienze di molti. In particolare sono stato colpito dalla documentazione riportata in 'La storia di via Mario Fiore n° 49' che Daniele con molta professionalità ci mette a disposizione. Trovo l'articolo illuminante e confortante in quanto scagiona, a mio modo di vedere, l'operato degli investigatori dell'epoca. Dai documenti finora posti all'attenzione della comunità pubblica (per la maggior parte rivelataci dai giornali dell'epoca e dalle più famose trasmissioni televisive che si occupano di cronaca nera) davano adito una inammissibile superficialità degli organi investigativi che danno l'impressione di voler
RispondiEliminachiudere velocemente il caso e che alla fine condannano un innocente trascurando le altre piste investigative. La pista che portava al Sig. Domenico Zarrelli sembrava suffragata da elementi iniqui: la testimonianza di una macchina che quella notte sfrecciava a folle velocità con la presunta sagoma di Zarrelli, il profilo di un giovane squattrinato che si dava alla bella vita, dei graffi sulle mani eccetera eccetera; tutti elementi che vengano messi sotto il riflettore ma che vengono letteralmente spazzati via dalla denuncia della Cenname trovata nel cassonetto. Ne esce un profilo del nipote particolarmente diverso, grave. Nella denuncia si legge la paura della Cenname verso questo nipote che riporta episodi e situazioni da brividi. Oltre all'episodio di violenza riservata alla zia vi è il particolare dei colpi di pistola sparati al muro nei momenti di rabbia, i furti e le tentate rapine. Da qui verrebbero motivati i comportamenti della Cenname nei giorni prima della sua morte come il mettere al sicuro i propri averi e lo sfogo di lei che lamenta le continue richieste di denaro da parte dello Zarrelli. Indizi che certamente oscurano ogni altra pista investigativa che su questo sito è stata trattata con una cura encomiabile. Alla luce di ciò, anche le dichiarazioni fatte in questi anni dai fratelli Zarrelli diventano sospette. Ergo, è facile dedurre chi era il personaggio estraneo alle forze di polizia che quel sabato notte fece notare i mozziconi di sigaretta all'ispettore. Lo stesso ispettore che ebbe la netta sensazione di trovarsi sulla scena di un crimine inquinata da elementi atti a depistare le indagini (sigarette, impronte presenti solo sulle pozze di sangue e non sui corridoi, la pistola scomparsa). CONTINUA --->
(1) Mi fa piacere che Domenico Catalano ha colto certi particolari che sono fondamentali e che purtroppo i Mass Media non hanno raccontato nella maniera dovuta. Domenico Zarrelli ha sempre dichiarato in tv che gli piaceva godersi la vita e che erano fatti suoi nei quali nessuno doveva entrarci. Ha sempre dimenticato di dire, però, che a lui gli piaceva fare la bella vita sui soldi degli altri e al di sopra delle sue reali possibilità personali. Dagli atti investigativi e dalla querela del 1967 emerge un quadro abbastanza chiaro: Domenico Zarrelli approfittava del fatto di vivere in una famiglia benestante per chiedere continuamente in prestito denaro ai propri parenti. C'era in particolare una sua zia che era un pò il suo "bersaglio" principale: Lavinia Cenname. In una occasione le svaligiò l'appartamento per procurarsi dei soldi con i quali pagarsi un soggiorno a Firenze in compagnìa della partner di quel momento e proprio il 15 ottobre 1975 si recò in casa sua, fece richiesta di altro denaro, finì per portarle via tutto quello che la donna aveva in casa in quel momento. Per acquisire denaro Zarrelli era arrivato anche a intrufolarsi nella gestione di attività ricreative nell'ambiente universitario (dettaglio che mi fu raccontato dal giornalista -adesso in pensione- del Mattino di Napoli Giovanni Virnicchi nell'autunno del 2011. Ben prima che lo stesso ex imputato lo raccontasse a Il Giallo e il Nero a marzo 2013). Ma non è tutto: perchè Domenico Zarrelli, da giovane almeno, aveva un carattere aggressivo e violento e reagiva con la prepotenza quando non otteneva il denaro che chiedeva. Al punto che metteva in atto gesti intimidatori come sparare colpi di pistola contro le porte di casa e al punto che era capace di aggredire verbalmente e fisicamente i suoi parenti. In situazioni di litigio è vero che generalmente gridava e se la prendeva con gli oggetti (come ha sempre ricordato l'avv. Antonio Coppola) ma è anche vero che poteva arrivare a scatti di violenza fisica. Ne sono un esempio sia l'episodio che Gemma Cenname voleva denunciare nel 1967 sia un episodio che si verificò tra lui e la sua fidanzata giamaicana Sandra Maria Thompson. In una occasione fu anche ricoverato per una accesa crisi e fu dimesso contro il parere dei sanitari.
Elimina(2) Il mio parere è che le richieste di denaro, da parte di lui, nei confronti di sua zia Gemma Cenname non si limitarono a episodi risalenti agli anni '60. La cosa è continuata anche dopo: tant'è vero che Zarrelli chiede un prestito a sua zia Gemma nel 1973 e addirittura lo rifiuta perchè i soldi che lei poteva dargli in quel momento erano per lui pochi. E ancora: nel luglio del 1975 Gemma confida ad un suo amico che il nipote Domenico la stava assillando. Zarrelli, insomma, ne ha combinate di grosse e di gravi e più volte aveva rischiato serie conseguenze penali. Non era stato mai denunciato perchè apparteneva ad una famiglia molto in vista (una famiglia In della Napoli bene) e perchè era diventato un pò il terrore di tutti. Poi ci sono due dati inquietanti: 1-Poco prima di morire uccisa, Gemma Cenname riceve strane telefonate sul posto di lavoro. Qualche volta non riesce a trattenere le lacrime e confida a qualche sua collega che c'è un parente che le sta dando preoccupazioni. Chi era questo parente? Domenico Zarrelli che si rifaceva vivo con insistenza, persino mentre lei era occupata sul posto di lavoro, chiedendole ancora denaro? 2-Nel 1972 e nel 1975 qualcuno cerca di entrare nell'appartamento di Gemma, in via Mario Fiore, forzando la serratura. Dopo il secondo tentativo, Gemma, con l'aiuto di Domenico Santangelo, sposta alcune cose di valore in via Caravaggio. E poi ancora, nel luglio del 1975, sposta alcune cose di valore da via Caravaggio e le porta all'agenzia 18 del Banco di Napoli. Sospettava che fu Domenico Zarrelli a cercare di violare l'appartamento di via Mario Fiore per rubarle qualcosa? Spostò cose di valore al Banco di Napoli perchè temeva che suo nipote poteva essere capace di andare a rubare persino in via Caravaggio? Domenico Zarrelli, stando alla querela del 1967, poteva esserne capace all'epoca: svaligiò l'appartamento di una sua zia, Lavinia Cenname (lo abbiamo detto prima), per ricavare del denaro e pagarsi un soggiorno a Firenze con una ballerina. Inoltre Emma Galizia, la vicina di appartamento di Gemma Cenname in via Mario Fiore, ha dichiarato di aver visto qualche volta, giù al palazzo, Domenico Zarrelli. Sappiamo, poi, che via Mario Fiore è un indirizzo che segna una "tappa" doppiamente importante di questa storia. Perchè è il luogo presso il quale si recano l'avv. Mario Zarrelli, la moglie di questi e la cugina di lui Fausta Cenname la sera di sabato 8 novembre 1975 prima di andare in Questura a denunciare la mancanza di notizie da 9 giorni dei Santangelo (e ammisero agli inquirenti d'esserci stati solo dopo una telefonata anonima pervenuta agli investigatori) ed è il luogo presso il quale era custodita una copia della querela del 1967. Copia che poi due inquilini di via Fiore spediscono in forma anonima ai Carabinieri di Napoli nei primi mesi del 1976. L'avv. Mario Zarrelli si è sempre detto convinto del fatto che quella copia la spedì l'assassino di via Caravaggio, agli investigatori, per far convergere i sospetti su suo fratello Domenico. Ma il Tribunale civile di Napoli su questo ha dato torto all'avvocato.
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
EliminaE poi c'è un altro dato inquietante, che fa pensare al movente specifico nel caso l'ex pista Zarrelli fosse valida: nel febbraio 1976, intercettati al telefono, Lavinia Cenname (zia di Domencio Zarrelli - quella il cui appartamento fu svaligiato e quella che proprio il 15 ottobre 1975 si vide portare via da casa tutto il denaro che aveva con se in quel momento) e Franco Cenname (uno dei nipoti di Lavinia) stavano parlando del caso. Franco "Ma poi ti ha restituito i soldi?", Lavinia "No ma quello adesso non li chiede più a nessuno. Sta con due piedi in una scarpa". E ancora Lavinia "Ha una forza bestiale. Deve averli uccisi lui, tutti e tre. Lo avrà fatto quando è stato lì per ritirare l'assegno o il giorno dopo". E' una telefonata importante: dal contenuto si evince che Domencio Zarrelli aveva rapporti con i Santangelo in quell'ottobre 1975 e si evince che aveva con loro rapporti per questioni di denaro. In quanto doveva andare a casa loro per chiedere o per ritirare un assegno bancario. Questo spiegherebbe perchè lui sarebbe andato in casa Santangelo il 30 ottobre 1975 sera. E' probabile che fu Domencio Santangelo a ricevere il nipote della seconda moglie e anche a parlargli nello studio. Con tutto quello che aveva combinato a sua zia, forse Gemma non aveva voglia neanche di vederlo e lo fece affrontare da suo marito. Poi lì sarà successo qualcosa che fece sfuggire di mano la situazione e che tramutò l'incontro in una orribile strage a seguito di un raptus del momento.
EliminaDaniele, tutti questi dettagli, queste rivelazioni che ci fornisci sono inquietanti..... Ma ci dobbiamo preoccupare? È forse il tuo un modo delicato per prepararci ad un'amara sorpresa?
EliminaIn questo capitolo quelli che dovrebbero essere i sospettati per eccellenza, Turro e De Laurentiis, sono praticamente ignorati, scomparsi.
Come dice il sig. Catalano, alla luce di queste notizie, gravi ed inquietanti, non mi sento più di puntare il dito contro gli inquirenti che indagarono all'epoca. Le indagini sembravano sciatte, superficiali e viziate.
Anche il commento seccato dell'avv. Mario Zarrelli alla notizia della riapertura delle indagini sembra ora avere un'altra lettura.
A questo punto vorrei fare un paio di considerazioni sugli indizi dell'epoca. Zarrelli disse di avere un alibi, andò al cinema a vedere Amici Miei. Ma al cinema non andò allo spettacolo delle 20.00? Quindi alle 22.00/22.30 era presumibilmente già fuori dal cinema. E, voi che siete di Napoli, sapete quanto dista questo cinema da via Caravaggio? Altro indizio. Le impronte di scarpe. Ad oggi non si ha più la certezza, secondo quanto ci è stato svelato dalla Polizia Scientifica, che quell'impronta di tacco da scarpa corrispondesse ad un 41/42, essendo il sangue molto vischioso.
L'assegno di cui si parlava in quella intercettazione telefonica si sa se poi il Zarrelli lo ha riscosso? E quando? Se non ricordo male lui disse di non essere mai stato a via Caravaggio....
A questo punto mi pare chiaro chi fosse la persona estranea alle indagini che cercò di "deviare" il sopralluogo di quel novembre 1975, nel momento dell'atroce scoperta.
E, soprattutto, perchè.
Una cosa mi lascia perplessa....
SE, ribadisco se e sto parlando per semplice ipotesi Daniele, il colpevole fosse davvero l'ex imputato Zarrelli, ora che conosciamo i suoi trascorsi , i suoi atti di violenza, risco quasi a figurarmi il triplice omicidio, ma lo spostamento dei corpi nella vasca e sul letto non mi sembra un modus operandi attribuibile a lui. Voi che ne pensate?
Mi sorgono comunque dei dubbi sull'ultima stesura di Daniele su come potrebbero essere andate le cose dal titolo: 'Se fosse andata così?'. Stesura sicuramente ispirata da questi nuovi elementi che rigettano ombre pesanti sui fratelli Zarrelli. Solo una domanda vorrei fare a Daniele sulla sua ricostruzione come sempre così ben struttura. Nel caso l'assassino avesse fatto quella telefonata dall'appartamento dei Santangelo questa non doveva risultare nei tabulati telefonici? La polizia fece dei controlli sui tabulati? A quell'epoca questo era fattibile. Anche se la storia dell'intervento del complice potrebbe essere leggermente diversa; tipo che l'assassino fosse in un primo momento uscito di casa per poi tornarci ore dopo con il suo complice. Infatti trovo molto improbabile che una persona possa rimanere sola e ferma per ore dentro quall'alloggio dopo aver compiuto d'impeto quel macello.
RispondiEliminaSe questa sarà la verità che uscirà dalla Questura di Napoli ci troveremmo difronte ad una storia che supera ogni immaginazione. Qualcosa che avrebbe un impatto devastante, qualcosa che lascia increduli gli addetti ai lavori e sgomenta l'opinione pubblica, qualcosa difficile da accettare al punto che bisogna verificare con scrupolo ogni dettaglio, qualcosa che per essere rivelata ha bisogno di ulteriore tempo a dispetto dei 40 anni trascorsi.
Rimango in attesa assieme a voi augurandovi un felice natale e che l'anno nuovo ci porti la verità.
Domenico Catalano.
Sig. Catalano, condivido in pieno le sue riflessioni. Anche io, infatti, credevo all'inizio che la Procura avesse "forzato" le indagini frettolosamente e superficialmente per dare a tutti i costi un volto ad un triplice omicida. Invece, con la documentazione che Daniele ci ha fornito, lo scenario cambia. Eccome. Non li biasimo per aver indagato in modo così insistente su Zarrelli. Rimane il fatto, come tutti sappiamo, che nessuna pista alternativa avrebbe dovuto essere trascurata.
RispondiEliminaPer quanto riguarda le 2 ore, ossia dalle 3.00 alle 5.00 di apparente calma trascorse dall'omicida nell'appartamento dei Santangelo, così come testimonia la sig.ra Simonelli, io non credo che l'assassino sia uscito dall'appartamento per poi rientrare. Sarebbe stato troppo rischioso, secondo me. Qualcuno, se non altro svegliato dal trambusto, avrebbe potuto affacciarsi all'uscio della porta o guardato dallo spioncino. Insomma, avrebbe potuto essere visto. Già l'assassino aveva messo in preventivo di dover correre questo rischio una volta, ossia quando ha abbandonato lo stabile di via Caravaggio intorno alle 5.00 per far perdere le sue tracce, perchè sfidare la sorte altre 2 volte? No, secondo me non ha senso.
Io penso che il mostro sia rimasto dentro l'appartamento. Forse a cercare di "mascherare" le prove, forse a cercare qualcosa che lo legava al movente dell'omicidio. Ma non credo, ad esempio, che abbia spostato i corpi delle vittime. Non solo perchè la sig.ra Simonelli udì rumori di trascinamento solo dopo le 3.00 e non subito dopo le urla soffocate ed il tonfo avvenuti intorno alle 23.30, ma anche perchè, se si osservano le foto dei luoghi in cui le tre vittime furono colpite a morte, ossia lo studio, la cucina e la camera da letto, le fore di sangue sono troppo estese per poter pensare, sempre a mio avviso, che i corpi abbiano sostato lì solo alcuni minuti.
Non so se nel 1975 fosse possibile risalire ai tabulati telefonici in uscita. Il mio timore è che siamo troppo indietro nel tempo. Altrimenti, le pare che non ci avrebbero pensato? Forse no. In ogni caso temo che, ormai, tutte le ipotesi, le congetture, i dubbi, possano essere risolti e chiariti solo se il nome del mostro saltasse finalmente fuori dall'esame del DNA che è recentemente stato effettuato sui reperti.
Scusate, devo correggere il mio errore nella mia precedente dichiarazione dove scrissi che il periodo di apparente calma fu quello intercorso tra le 3.00 e le 5.00.
EliminaVolevo dire dall'1.00 alle 3.00.
Scusate per l'errore.
Non preoccuparti.
EliminaNon sono molto d'accordo con la tesi di Maria in riguardo alla prudenza che avrebbe avuto l'assassino ad uscire una sola volta dall'appartamento senza farvi ritorno. Nel caso specifico, è palese che non siamo difronte ad un serial killer che premedita e studia il suo delitto in modo razionale. L'assassino ha reagito in preda ad un raptus scaturito da un sentimento di rabbia incontrollata. Ora, una persona che un attimo prima, d'impulso, per rabbia, stermina una famiglia e un attimo dopo diventa un calcolatore razionale mi sembra alquanto improbabile. Chiunque abbia il dono della razionalità non arriva neanche a mettere in atto un omicidio di questo tipo.
EliminaCerto, l'assassino sarà ritornato in sé, la rabbia si sarà tramutata in altro, altri sentimenti l'avranno sopraffatto. Di certo prima di allora non si sarà mai trovato ricoperto di sangue in un appartamento di 180 mq attorniato di cadaveri. Io credo che il sentimento che prevale sia la paura. Certo anche la paura di essere scoperto, ma si parlava del probabile intervento di un secondo complice in un secondo momento, data l'introduzione di diverse marche di sigarette che sicuramente l'assassino non si portò appresso prima degli omicidi (per non parlare dello stratagemma dell'impronta di scarpa). Trovo più facile da digerire la fuga iniziale dell'assassino dopo essersi preoccupato di non essere visto anzi di una telefonata all'una di notte in un condominio silenzioso. Segue pertanto la fuga intorno all'una. In macchina macina come farla franca e la decisione di farsi aiutare da una persona fidata che magari fosse meno scossa e più lucida di quanto potesse essere lui stesso. Anche perché rientrare da soli in quell'inferno sarebbe stato impossibile. Ritornano entrambi con una serie di piani di depistaggio che mettono in pratica dalle 3 alle 5. Spengono tutto e se ne vanno.
Sig. Catalano, provi ad interpretare la mia ipotesi sotto un'altra ottica.
EliminaIo infatti, non sostengo assolutamente l'ipotesi secondo cui l'assassino abbia evitato di uscire e rientrare dallo stabile per un freddo calcolo machiavellico, ma per paura. Proprio perchè l'omicidio non era premeditato (a quanto pare - cosa diversa, secondo me, se l'omicida risultasse essere il Turro), a quel punto il mostro doveva essere sopraffatto dal panico. Avrà cercato di ingegnarsi in qualche modo per limitare i danni: confondere le tracce, nascondere forse le impronte e magari effettuare quella fatidica telefonata che fece intervenire, nella seconda parte della mattanza, il complice che lo aiutò a sistemare i cadaveri nella vasca.
Consideri un paio di elementi sig. Catalano. In primo luogo, una persona "normale" che improvvisamente diventa un assassino nei momenti, ore di panico che susseguono l'atroce delitto deve pensare a come uscirne. Ha visto dalle foto (non so se Lei è di Napoli e lo ha visto di persona) lo stabile di via Caravaggio 78? Non è piccolo, quante famiglie potrà ospitare all'incirca, 25? 30? Uscire e rientrare 2 volte significa sfidare la sorte che comporta uno stress emotivo che, per chi ha compiuto un atto del genere, non deve essere facile da gestire. Voglio dire che l'allontanarsi dal luogo del delitto non è di certo cosa da poco. Secondo elemento. Lei ricorda cosa vi era nei pressi del portone di ingresso di via Caravaggio 78? Un locale chiamato Il Rifugio che pare chiudesse piuttosto tardi. Fino ad una certa ora dunque la strada non era totalmente deserta.
Sinceramente penso che avete ragione un pò tutti e due. Non è da escludere che le cose siano andate come le ha ipotizzate Domenico Catalano e non è da escludere che le cose siano invece andate come ipotizza Maria e come io stesso ho ipotizzato nel paragrafo "Se fosse andata così?" (novembre 2013). Anche perchè, ripeto, la testimonianza del sarto Eugenio Laudicino non si presta ad una sola lettura ma a due letture, per una serie di dati oggettivi pro e contro che oggi abbiamo ripercorso insieme. Stando a quello che ha dichiarato Tino Simonetti (e quindi: sua madre Caterina Simonelli) comunque avrebbero agito due persone tra le 3:00 e le 5:00 del mattino del 31 ottobre 1975, in quella casa. Quindi che l'assassino rimase lì senza produrre rumori tra l'1:00 e le 3:00 oppure che si assentò dopo l'1:00 per fare ritorno alle 3:00, nella seconda parte ci fu (assieme a lui) l'operare di un secondo soggetto. Un complice. Durante le indagini del 1975-'76, la Polizia giudiziaria informò i Giudici Istruttori che la teste Beatrice Putti avrebbe visto la sagoma dell'assassino fuggire lungo le scale all'1:00 del mattino. Un commissario di polizia lo raccontò al magistrato: Beatrice Putti avrebbe confidato a questo commissario che la notte del 31 ottobre, dopo aver sentito i rumori che lei stessa ricostruì a verbale, sentì all'1:00 del mattino dei passi allontanarsi dall'appartamento dei Santangelo. Incuriosita (cioè presa dalla curiosità di capire chi avesse fatto tutto quel baccano) sarebbe andata presso la sua porta d'ingresso e, attraverso l'occhio magico, avrebbe visto una persona corpulenta che scendeva per le scale (i Santangelo abitavano al quarto piano; la Putti abitava al terzo piano, sotto casa Santangelo e affianco all'appartamento della signora Caterina Simonelli). Il magistrato convocò la signora Putti ma lei smentì questa cosa. Mi sembra che fu posta a confronto anche con il commissario di Polizia e negò di avergli fatto tale confidenza. Quindi ognuno dei due rimase sulle proprie posizioni (circa questo specifico episodio) e a poco a poco la circostanza "decadde" nel corso delle indagini. Personalmente ho l'impressione che la signora Putti aveva ragione a negare questo racconto. Ho parlato infatti con Tino Simonetti di questa cosa e lui mi ha detto di ricordare che l'occhio magico della porta d'ingresso dell'appartamento di casa Putti non era "proiettato" sulle scale del pianerottolo ma sul muro che delimitava la piccola area dei due appartamenti. Per ogni pianerottolo, infatti, vi erano due appartamenti per ogni lato. Al terzo piano casa Simonetti-Simonelli e casa Putti si trovavano sul lato sinistro: l'occhio magico che era proiettato sulle scale del terzo piano era quello di casa Simonetti-Simonelli, non quello di casa Putti. Quindi era praticamente impossibile per la signora Putti (quand'anche lo avesse voluto fare) scorgere con l'occhio magico la sagoma dell'assassino che scendeva per le scale del palazzo.
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RispondiElimina(1) Ciao. Non penso che nel 1975 esisteva la possibilità di effettuare controlli attraverso i tabulati telefonici. In ogni caso penso che agli investigatori non venne in mente una idea del genere proprio perchè ritennero che l'assassino era fuggito via dopo il massacro e che nessun complice era intervenuto la notte stessa. Probabilmente se la signora Caterina Simonelli avesse rivelato all'epoca alla Polizia giudiziaria quell'impressione che ebbe durante la notte del 30-31 ottobre (sensazione sulla presenza di due persone tra le 3 e le 5 del mattino - e che solo oggi suo figlio Tino ha svelato pubblicamente) sarebbe stato possibile per gli inquirenti del 1975 acquisire un elemento utile in grado di definire meglio la ricostruzione dei fatti. La testimonianza del sarto Eugenio Laudicino ha dei pro e dei contro: ha dei contro in quanto il teste sostiene di essere riuscito a scorgere anche i capelli dell'autista della Fulvia ma un esperimento in via Caravaggio dimostrò che era impossibile, all'interno di una Fulvia berlina, riuscire a vedere i capelli di Domenico Zarrelli; ha dei contro in quanto il portiere di via Caravaggio 78, Ugo Putti, dichiara di aver notato già nel pomeriggio del 30 ottobre l'assenza dell'auto di Domenico Santangelo dal parco del garage condominiale; ha dei contro in quanto l'auto fu trovata in via Baldacchini, a non molta distanza da dove Domenico Santangelo (proprio la mattina del 30 ottobre) si era recato a far visita ad un suo amico commerciante (e l'auto fu trovata con la batteria scarica); ha dei contro in quanto il sarto parla di una Lancia Fulvia di colore rosso e con una striscia nera sulla fiancata mentre la Fulvia della vittima era amaranto e senza strisce nere sulla fiancata (si confuse con un'altra Fulvia o era proprio un'altra auto, somigliante ad una Fulvia?); ha dei contro in quanto il teste non si disse comunque sicuro al 100% che Domenico Zarrelli fosse proprio la persona che lui vide all'interno dell'auto quella notte.
(2) E' una testimonianza che però ha anche dei pro: il teste si è presentato spontaneamente alla Polizia e lo ha fatto non appena ha visto pubblicata sul Mattino di Napoli la fotografia dell'auto di Domenico Santangelo e tutta la storia del delitto avvenuto in via Caravaggio; ha dei pro in quanto il teste parla di un autista "piazzato" (cioè corpulento) e con una testa piena di capelli "gonfiati" (caratteristiche fisiche compatibili con Domenico Zarrelli); ha dei pro in quanto il teste dice di aver incrociato l'auto intorno all'1:30 del mattino scendere dal lato di via Caravaggio 78 (le teste Simonelli e Beatrice Putti - inquiline del palazzo del delitto - sono concordi nell'affermare che all'1:00 del mattino cessano i rumori in casa Santangelo); ha dei pro in quanto una azione del genere (sapere dove trovare l'auto, prenderla, spostarla) poteva essere compatibile solo con l'agire di un conoscente dei Santangelo (qualcuno che sapeva certe cose della famiglia Santangelo); ha dei pro in quanto l'auto aveva la batteria scarica perchè le luci di posizione erano rimaste accese (questo farebbe pensare ad una guida notturna e all'averle lasciate accese prolungatamente); ha dei pro in quanto l'auto fu trovata parcheggiata in una zona di Napoli in corrispondenza della quale Domenico Zarrelli (come risultò dalle indagini) era solito mettere in sosta la propria vettura; ha dei pro in quanto il colore rosso e la striscia nera sulla fiancata potrebbero essere effetti cromatici errati falsati dalle ombre notturne e dall'illuminazione pubblica lungo via Caravaggio; ha dei pro in quanto il sarto pur dicendo di non essere sicuro al 100% che Domenico Zarrelli fosse l'autista da lui visto disse che gli assomigliava. Dichiarò, cioè, "Se non è lui è uno che gli assomiglia. Perchè mi sto chiedendo dove lo avete trovato uno che gli assomiglia così tanto". Il fatto che l'auto fu trovata senza tracce sospette, nè all'interno nè all'esterno, è anche questo un dato a doppia lettura: può averla utilizzata e lasciata lì Domenico Santangelo (che, quindi, non aveva tracce di sangue indosso); può averla utilizzata e lasciata lì l'assassino che, però, prima di andare via, si era dato una accurata ripulita. Per quanto riguarda la presenza di un complice: gli inquirenti del 1975 sicuramente sbagliarono a collocare Zarrelli e/o il suo eventuale complice, in casa Santangelo, la notte successiva alla strage. Fu una forzatura e per avallare questa forzatura si servirono di un testimone inattendibile. Un errore grave e deontologicamente non condivisibile. E se realmente fu Domenico Zarrelli a compiere la strage, con questo grave errore gli inquirenti del '75 non fecero altro che avvantaggiarlo (seppur inconsapevolmente). Perchè gli dettero un motivo in più per attaccare il lavoro inquirente e raffigurarlo come negativo. 24 ore dopo la strage è assolutamente impossibile lasciare tracce di scarpa in macchie di sangue. E' possibile farlo (che si tratti o meno di un depistaggio) solo nell'immediatezza dei fatti o massimo a distanza di qualche ora. Però (ripeto) se già all'epoca la signora Caterina Simonelli avesse rivelato agli investigatori quell'impressione che ebbe e che solo oggi, dopo quasi 40 anni, suo figlio Tino ha pubblicamente svelato riportando il dettaglio in attualità, gli addetti ai lavori del '75 avrebbero acquisito un elemento utile in grado di aiutarli a capire meglio cosa poteva essere accaduto, e quando, al momento di procedere ad una alterazione della scena del triplice delitto.
RispondiEliminaPerò Daniele permettimi di evidenziare un altro punto.
RispondiEliminaÈ vero che la sig.ra Simonelli omise di dire agli inquirenti che dalle 3.00 alle 5.00 ebbe la sensazione di udire i passi di 2 persone, ma gli inquirenti avevano comunque un altro punto fermo su cui lavorare.
I 2 orologi elettrici dell'appartamento di casa Santangelo erano entrambi fermi intorno alle 5.00 del mattino (orario che collima con le testimonianze della sig.ra Putti e della Sig.ra Simonelli che affermarono che i rumori cessarono definitivamente), elemento rafforzato dal fatto che fu staccata la corrente dall'assassino quando lasciò definitivamente il luogo del delitto.
È vero che la testimonianza del sarto fu un elemento deviante, ma perchè agli orologi fermi alle 5.00 ed alla corrente interrotta proprio a quell'ora non furono dati lo stesso peso?
Sulla questione delle tracce nella Fulvia, mi sento di dire una cosa. Anche nell'ipotesi in cui fu portata nel luogo del ritrovamento dall'assassino e fu ben pulita, le tracce di sangue al luminol sono sempre visibili.
Si sa Daniele che fine ha fatto la Fulvia? È stata rottamata (come penso) dagli eredi Santangelo da anni oppure è ancora sotto sequestro in qualche parco della Polizia Giudiziaria?
La testimonianza del sarto non può essere considerata di certo affidabile ma non può essere considerata di certo deviante. E' una testimonianza a doppia lettura: ogni dato che la compone ha dei pro e dei contro. Io sono sicuro che il Laudicino non inventò ciò che andò a raccontare in Questura. Però è difficile stabilire in maniera definitiva se quello che vide riguardava Domenico Zarrelli e la strage da poco compiuta oppure se riguardava un'altra persona e quindi niente che avesse a che fare con la strage. Ci sono elementi che fanno pensare all'una eventualità e elementi che fanno pensare all'altra eventualità. Sarebbe ad esempio utile sapere se le chiavi di accensione della Lancia Fulvia Berlina di Domenico Santangelo furono o no trovate nell'appartamento di via Caravaggio 78 al momento della scoperta del massacro. Questa domanda fu posta a Telefono Giallo al giornalista del Paese Sera Ricci (che intervenne in studio e che aveva seguito da cronista le indagini del '75 per la sede napoletana del suo giornale): Ricci non fu molto chiaro e la sua risposta lascia intuire che di sicuro l'auto non fu trovata nel garage condominiale. Nel luglio del 2011 posi la stessa domanda all'avv. Mario Zarrelli: lui (se non ricordo male) mi rispose che le chiavi dell'auto c'erano in casa Santangelo quando fu scoperta la strage. Gli investigatori sicuramente dovevano soffermarsi di più sul dato degli orologi elettrici dello studio e della camera da letto matrimoniale trovati fermi alle ore 5:00 del mattino. Perchè è vero che la teste Putti disse che all'1:00 del mattino cessarono i rumori però la teste Simonelli disse che i rumori cessarono definitivamente tra poco dopo l'1:00 e le 5:00 del mattino. In mancanza di quel dettaglio svelato da Tino Simonetti di recente, attribuendo un'unica lettura alla testimonianza del sarto Laudicino, ritenendo che su un dato orario (l'1:00 del mattino) concordavano sia la Putti che la Simonelli gli inquirenti del '75 (evidentemente per questi motivi, quindi) ritennero di dover collocare la fuga dell'assassino all'1:00 del mattino, di non poter dare un'unica lettura al dato delle ore 5:00 e contemporaneamente commisero l'errore di collocare l'assassino (e/o un suo complice) 24 ore dopo il fatto, in quella casa, per attuare i depistaggi. Tant'è vero che per gli stessi motivi (se ricordi, Maria) anche a Telefono Giallo si discusse del dato orario delle 5:00 non sapendo che interpretazione sicura e definitiva attribuirvi. Oggi, invece, attraverso la testimonianza di Tino Simonetti, è possibile rimettere in ordine con una certa logica il probabile svolgimento dei fatti durante la notte del 30-31 ottobre (la notte stessa della strage). Quanto all'impiego del Luminol sono perfettamente d'accordo con te. Ma non so se la Lancia Fulvia berlina di Domenico Santangelo è ancora custodita da qualche parte o se andò distrutta dopo (o prima) la conclusione dei processi Zarrelli.
RispondiEliminaRiguardo la Fulvia Berlina, sbaglio o fu accertato (anche tramite un negoziante) che la vettura fu lasciata posteggiata con la batteria scarica dallo stesso Santangelo in data ovviamente precedente alla strage?
RispondiEliminaBravo sundance, credo proprio in questo blog, nella ricostruzione dell'ultimo giorno di vita della fam. Santangelo, c'era scritto che in mattinata Domenico andò a trovare il suo amico commerciante, Federico Corrado, e che, trovando l'auto in avaria, rientrò a casa con i mezzi.
EliminaInfatti il portiere sig. Putti, notò già dalle 19.00 che l'auto del Santangelo non era nel parcheggio condominiale.
Ah no scusami Daniele, forse sono stata fraintesa. Non mi permetterei mai di dire che la testimonianza del Laudacino fosse inventata. Da quello che so io egli si presentò spontaneamente a produrre questa testimonianza ed è un gesto degno di nota, in quanto il sarto ha dimostrato un senso civico che, mi dispiace dirlo, in Italia latita. Non era mi intenzione insinuare che lui avesse deviato le indagini. Ribadivo solo il fatto che la sua testimonianza inevitabilmente spostò l'orario della presunta fuga dell'assassino da casa Santangelo dalle 5.00 del mattino all'1.00 del mattino. Inoltre la sig.ra Simonelli, avendo omesso di raccontare i particolari secondo cui, alle 3.00 udì i passi di più persone muoversi all'interno dell'appartamento per poi tacere definitivamente alle 5.00, gli inquirenti furono sempre più convinti di poter collocare la fuga del mostro intorno all'1.00 di notte.
RispondiEliminaMagari ce ne fossero al mondo persone responsabili come il Laudacino. A volte mi chiedo, ti prego di concedermelo, (trattasi solo di un pensiero a voce alta) se davvero nessuno abbia visto il mostro lasciare lo stabile di via Caravaggio. Non parlo dei testimoni che hanno dato già il oro contributo. Parlo di qualcuno che potrebbe aver visto ma per comprensibile paura ha taciuto.
Torniamo al caso. Ricordo la puntata di Telefono Giallo e ricordo che qualcuno (non ricordo il nome) intervenne telefonicamente per ribadire proprio il dettaglio di cui non si era fino ad allora parlato: ossia che, lasciando l'appartamento, il mostro staccò la corrente. Come dici tu l'ipotesi che fu formulata secondo cui il mostro tornò sulla scena del delitto non fece dare il giusto peso a questo importantissimo dettaglio.
Riguardo alla storia del Luminol, forse non è così preciso, sicuramente nel 1975 non erano in grado di fare accertamenti così accurati. Però io mi chiedo, allo stesso modo, se davvero l'assassino avesse usato la vettura del Santangelo per la fuga, ce lo vedi alle 5.00 del mattino (ad ottobre è ancora buio pesto) a ripulire in modo approfondito e con prodotto capaci di togliere il sangue (perchè sono sicura che ne avesse addosso con un massacro del genere appena compiuto) in modo così impeccabile?
Eppure ricordo di aver letto, forse da un'altra parte e non in questo blog, che le chiavi dell'auto del Santangelo furono addirittura rinvenute nella tasca dei suoi pantaloni.
Può essere? Ricordiamoci comunque che, anche nel 1975, ogni vettura aveva un doppione....
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RispondiElimina@Sundance76: Federico Corrado (il commerciante amico di Domenico Santangelo) non parlò dell'auto nella sua testimonianza. Raccontò che la mattina del 30 ottobre 1975 Domenico Santangelo si era recato a fargli visita. Corrado, in quei giorni, stava inaugurando l'apertura di un nuovo negozio e lo stava inaugurando in via Medina (vicino all'ex Hotel Jolly e vicino alla Questura centrale). Mettendo insieme questi dati più la testimonianza del portiere di via Caravaggio 78 Ugo Putti, e ritenendo che oggettivamente non può essere attribuita un'unica lettura alle dichiarazioni del sarto Laudicino, ho formula l'ipotesi (per il mio blog) che Santangelo raggiunse il negozio di Corrado con la Lancia Fulvia, la parcheggiò nei pressi, al ritorno tornò a casa con altro mezzo perchè si accorse che l'auto aveva un guasto alla batteria. E questo anche perchè via Saverio Baldacchini (la strada di Napoli lungo la quale, su un marciapiede, una pattuglia della Polizia trovò in sosta l'auto la sera del 10 novembre 1975) non è distante da via Medina (sede del negozio di Corrado - luogo presso il quale si recò Domenico Santangelo la mattina del 30 ottobre 1975). E' una ipotesi mia, quindi, che si basa su quei dati oggettivi. Ma nulla esclude che le cose possono anche essere andate diversamente.
RispondiElimina@Maria: non penso che nel 1975 la Scientifica aveva in dotazione strumenti che le consentivano di individuare e repertare tracce invisibili ad occhio nudo. Quanto alle chiavi dovresti averlo letto quì: in una tasca del pantalone che Domenico Santangelo indossava al momento dell'omicidio furono trovate delle chiavi. Non si sa, però, che chiavi erano: di casa, della propria auto o di cosa.
Invece Daniele si sa che fine fece la camicia di Domenico Santangelo? Mi sono sempre dimenticata di chiedertelo. Da quella nota orribile foto della vasca, Domenico Santangelo era a torso nudo e si sa che non avrebbe mai ricevuto un ospite in quelle condizioni. Senza considerare che, a fine ottobre, le temperature non erano di certo estive....
RispondiEliminaMi fa piacere che lo hai notato perchè questo è un altro elemento strano. Dal momento che Domenico Santangelo era a torso nudo nella vasca da bagno padronale è evidente che l'assassino lo ha (prima di depositare il cadavere nella vasca) denudato dell'indumento o degli indumenti che la vittima indossava in quel momento dalla vita in su. Assolutamente è da escludere che Domenico Santangelo avesse potuto ricevere in quel modo l'ospite-assassino. Non lo avrebbe fatto neanche dinanzi ad un conoscente (tutti gli elementi fanno pensare ad un assassino tutt'altro che estraneo. Era un loro conoscente). Ed è da escludere (in generale) che Domenico Santangelo girasse in quel modo in casa sua (fu descritto come una persona che teneva molto alla cura del proprio abbigliamento) e in un periodo come quello. L'inverno ancora non era iniziato ma doveva essere un fine ottobre freddo a Napoli: lo dimostra il fatto che Gemma Cenname aveva con se, in cucina, una borsa termica con dentro acqua calda (trovata sul pavimento della cucina a poca distanza dall'imbrattamento ematico lì presente) e lo dimostra il fatto che l'assassino impiegò un plaid per trascinare Gemma dalla cucina al bagno padronale. Il plaid deve averlo trovato probabilmente stesso in cucina e non si può escludere, quindi, che lo stesse impiegando Gemma Cenname perchè infreddolita. Perchè denuda parzialmente il Santangelo è dunque un mistero. Si può ipotizzare che lo ha fatto per qualche motivo legato ai fenomeni putrefattivi del cadavere? Si dovrebbe interpellare al riguardo un Medico legale.
RispondiEliminaDaniele, vi sono testimonianze del rapporto tra i fratelli Mario e Domenico prima della strage? In rapporto al clima di terrore che Domenico aveva instaurato in famiglia costringendo il padre ad indebitarsi e passare i guai, come recita la denuncia della Cenname, il fratello Mario come viveva questa situazione? Faccio questa domanda in quanto l'aiuto determinante di Mario Zarrelli nelle aule di tribunale verso un fratello violento, degenere, criminale, mi sembra alquanto strano. Possibile che la difesa di un fratello sia al di sopra di ogni circostanza? Quali elementi su Domenico sono così forti da scagionarlo dalle accuse in un' aula di tribunale che lo assolve per non aver commesso il fatto? Ma soprattutto cosa spinge da subito Mario a schierarsi in modo così determinato a favore del fratello? Credo che sviscerare questo rapporto possa aprire nuovi scenari.
RispondiEliminaGrazie.
(1) @Maria: Se ci sarà un'amara sorpresa lo sarà anche per me. Perchè io non so qual'è il nome della persona identificata tramite il DNA. C'è massima riservatezza sul nome non solo in Procura e quindi non mi è stato possibile saperlo. Per adesso è tutto lasciato alle deduzioni personali, all'immaginazione personale. Ad ogni modo dal momento che ormai conosco questa vicenda in lungo e in largo, e dopo aver lavorato su dati cronistici-investigativi-giudiziari per 28 mesi, posso dirti che sono personalmente convinto della responsabilità di due sole persone, per questa strage: o il dott. Giuseppe De Laurentiis (deceduto nel 2008) oppure l'avv. Domenico Zarrelli (assolto in via definitiva nel 1985 e risarcito dallo Stato nel 2006). Al 30% ritengo responsabile il De Laurentiis; al 70% Zarrelli. D'altra parte noto che anche il silenzio della Procura di Napoli sembra andare solo in una di queste due direzioni: perchè una persona deceduta non è più imputabile e giudicabile così come non lo è più neanche chi ha avuto una sentenza di assoluzione in via definitiva. C'è un articolo del Codice di Procedura Penale che stabilisce l'immodificabilità del giudicato per l'accusa e per la Parte civile in caso di assoluzione definitiva, anche in presenza di prova biologica a carico. Però chiedo alla Procura di Napoli ugualmente un comportamento serio e responsabile: se hanno accettato di esaminare i reperti e se hanno ottenuto un risultato devono andare fino in fondo. Dicano ciò che hanno scoperto costi quel che costi. L'alibi: emerse all'epoca una contraddizione perchè Domenico Zarrelli dichiarò di essere andato al cinema con la Thompson in taxi mentre attraverso una intercettazione telefonica la madre di lui disse (parlando con un suo parente) che quel 30 ottobre Domenico era immobilizzato a letto per un attacco di sciatica, curato da suo fratello Vittorio (medico cardiologo). Non c'è traccia scritta del malessere fisico di Zarrelli (una ricetta, una prescrizione medica) e tutte le maschere del cinema affermano di averlo visto con la sua fidanzata il 2 novembre sera, non il 30 ottobre. Zarrelli disse di essere andato al cinema utilizzando, almeno all'andata, un Taxi. 1.500 tassisti napoletani non confermano. Si badi che Domenico Zarrelli e Sandra Maria Thompson formavano una coppia che non passava inosservata: perchè lei era una bellissima giamaicana e lui una specie di gigante alto 1 metro e 90 e di 111 chili. Comunque sia, se ammettiamo per buono questo alibi: Zarrelli vede il film tra le 20:30 e le 22:30 ed esce dal cinema verso le 23 quindi. Per le 23:30 (e dalle 23:30 in poi) non ha un alibi. O per meglio dire ha un alibi che può essere confermato solo dalla sua fidanzata. Persona quindi a lui affettivamente legata. Teste non disinteressato. Dal momento dell'uscita dal cinema al momento della strage passano quindi, su per giu, circa tre quarti d'ora. Con un mezzo di trasporto a 4 ruote (personale o non) ci vogliono 10 minuti a coprire il percorso cinema Abadir-via Caravaggio 78: via Paisiello-via Cilea-corso Europa-via Manzoni-via Caravaggio. Alle 23, inoltre: sera inoltrata, traffico scarso.
RispondiElimina(2) @Maria: Impronte di scarpa: furono trovate solo impronte di tacco. Impronte di tacco parziali sul pavimento della cucina, impronta di tacco completa in camera da letto matrimoniale. L'impronta di tacco completa quindi era quella meglio affidabile: larga circa 7 centimetri, sulla base di questo dato compatibile con un numero di piede 41-42. Se il dato è attendibile, potrebbe essere la scarpa di un complice. Se il dato è inattendibile il numero di piede poteva essere maggiore. Erano solo impronte di tacco, una sola completa, in tracce di sangue (sostanza vischiosa), non analizzate con gli strumenti scientifici (anche fotografici) che solo oggi esistono. L'assegno: bisognerebbe leggere le motivazioni della sentenza di primo grado del processo Zarrelli. L'avv. Mario Zarrelli e sua figlia sono stati gentili e mi hanno dato copia delle sentenze di assoluzione con formula piena e della sentenza civile di risarcimento. Avevo chiesto anche le prime due sentenze ma mi hanno comunicato che non avevano possibilità di riuscire a trovarle. Per fortuna ho trovato la sentenza di assoluzione per insufficienza di prove perchè custodita da una giornalista napoletana con la quale presi contatto nel dicembre del 2011. Domenico Zarrelli non disse di non essere mai stato in via Caravaggio 78: disse però di esserci stato una sola volta, nell'ottobre 1975, per partecipare ad una festa di Angela in casa. Federico Corrado, stretto amico di Domenico Santangelo, testimoniò che la casa di via Caravaggio non era frequentata quasi da nessuno: principalmente vi andavano (disse) i parenti di Gemma Cenname. Testimoniò che Domenico Santangelo era una persona paurosa e che non faceva entrare chiunque. Assolutamente. Le operazioni finalizzate a sistemare i cadaveri in un certo modo: anche questo è un motivo per il quale vedo responsabili possibili di questa strage solo Domenico Zarrelli e il dott. Giuseppe De Laurentiis. De Laurentiis era medico; Zarrelli aveva frequentato un corso di Medicina nell'ambito dei suoi studi universitari in Giurisprudenza (e il secondo dei suoi fratelli - Vittorio - faceva il medico). Tuttavia non sto svelando niente di sorprendente, Maria: tutto si basa su atti investigativi e processuali, e testimonianze di cronaca, riportate tra il settembre 2011 e il novembre 2013 in questo blog. Bisogna solo rifletterci sopra.
RispondiEliminaDaniele innanzi tutto ti ringrazio per tutta la pazienza e con i dettagli meticolosi con cui rispondi puntualmente ai nostri quesiti/dubbi/domande.
EliminaScusami se a volte le questioni che pongo possano sembrare prive di fondamento o assurde, ma io non ho la conoscienza dettagliata del caso che hai tu. Però anche io, come tutti noi del blog, ormai vorremmo che questo terribile delitto si chiuda, finalmente una volta per tutte.
Sono consapevole del fatto che in Procura hanno le bocche cucite, quindi, come dici giustamente tu, al momento possiamo soltanto cercare di ragionarci su ed insieme, spero anche grazie al nostro contributo, si possa far davvero quadrato intorno ad un numero sempre più ristretto di probabili sospetti finchè il fatidico nome non verrà svelato e finalmente ogni dubbio verrà cancellato.
Allora Daniele, posso farti una domanda? Premettendo che sono consapevole che stiamo parlando di congetture ed opinioni personali, sebbene le tue siano suffragate da indagini capillari, interviste, documenti, ecc che tu hai portato avanti con impegno e costanza per anni.... Nella tua riposta a me dici che sei personalmente convinto che i sospettati n.1 sono due, ossia il De Laurentiis e l'ex imputato Zarrelli. Posso chiederti come mai tra i tuoi sospettati "top" non includi il Turro? Mi spiego. Tu personalmente (correggimi se sbaglio, questo è quello che ho capito io) pensi che una eventuale pista malavitosa Turro sia da attribuire solo all'ipotesi di un omicidio premeditato che, in questo scenario, non trova conferme (l'omicida pare fosse disarmato avendo usato armi "occasionali", ovvero appartenenti all'arredamento della casa), oppure perchè pensi che la pista Turro sia stata montata solo dall'avv. Zarrelli (Mario) nell'arringa difensiva del fratello o un depistaggio dell'assassino?
Scusa, cerco subito di mettere ordine alle mie domande ed ipotesi. Se non ricordo male, il numero di telefono del Turro, ossia l'ingegnere che aveva preso in locazione il casale di Camigliano fu trovato in evidenza sulla scrivania dello studio di Domenico Santangelo giusto? Ora, un delinquente pregiudicato e non uno sprovveduto qualunque che prende in affitto un locale per metterci i sequestrati non credo lasci facilmente il vero nome ed i recapiti con tanta facilità. Se l'assassino fosse davvero Zarrelli, il numero di telefono non potrebbe avercelo messo il fratello Mario, che già era stato informato, a suo dire, della vicenda dalla stessa zia Gemma poco tempo prima di morire? È un'ipotesi Daniele.
(Segue...)
C'è da dire che la questione di come sono stati sistemati i cadaveri è un dettaglio che continua a non convincermi. Scusa se torno sull'argomento della vasca, ma è come se nella mia mente fosse il tassello che non entra nel puzzle. Non me ne faccio una ragione. Sai, Daniele, continuo a pensare che una persona qualunque che improvvisamente diventa un assassino, lo stato d'animo ed i sentimenti che lo assalgono dopo sono inimmaginabili. Per questo, tornando anche all'ipotesi formulata dal sig. Catalano, non penso ad esempio che l'assassino abbia preso il rischio di entrare ed uscire dall'appartamento più di una volta in uno stabile molto affollato rischiando di essere visto. Tornando alla vasca. Cosa può provare una persona qualunque che ha appena ucciso brutalmente 3 persone? È vero che tra mezzanotte circa, quando l'aggressione ha avuto luogo alle 5.00 del mattino, quando l'omicida ha lasciato definitivamente l'appartamento, ne ha avuto di tempo per pensare. Però io personalmente penso che la scena della vasca sembra l'unico elemento a dispetto di tutto il resto che non porti alla pista personale. Sembra un messaggio malavitoso che dica, guardate cosa succede a chi fa uno sgarro. Tutto il resto, come dici giustamente anche tu, porta invece alla pista personale. Siamo sicuri che il motivo per cui i cadaveri siano stati spostati nella vasca e, nel caso di Angela, mummificata nelle lenzuola della camera da letto matrimoniale fosse per ritardare la scoperta dei cadaveri ed assorbire al meglio i liquami della putrefazione? Questa ipotesi fu avvalorata anche dal prof. Zangani durante la puntata di Telefono Giallo. So che alla facoltà di Legge si studia anche medicina legale (e quindi l'ex imputato potrebbe essere a conoscenza dei dettagli dell'acqua fredda che assorbe i liquami della decomposizione), ma la scena della vasca nella mia mente continua a portarmi o al De Laurentiis, per motivi professionali o al Turro, per motivi di "cultura malavitosa". Continuo a sottolineare che parlo da ignorante, per carità.
EliminaAltra domanda. Che tu sappia Daniele il locale di Camigliano è stato ispezionato dalla polizia oppure la pista Turro è emersa solo in un secondo momento? Se si, furono effettivamente trovate le brandine, le corde e le manette? Io credo che, anche se il Turro fosse innocente, una volta aver letto dell'omicidio dei Santangelo, avrebbe comunque svuotato il casolare non fosse altro per non permettere di indagare su di lui.
Ci sarebbe quasi da chiedersi se la pista Turro non fosse non dico inventata di sana pianta se non gonfiata se non fosse che, proprio 2 giorni prima di morire, proprio Angela Santangelo si sfogò con il dott. Madonna dicendo "morirò scannata, c'è un ingegnere là....".
Per quanto riguarda tutto il resto, grazie delle tue risposte, ma a questo punto vorrei sostenere il tuo pensiero. Visto che, come dici, l'impronta di scarpa oggi non è analizzabile, visto che molti protagonisti sono morti, e visto che la Procura ha accettato di riaprire il caso facendo analizzare i reperti ancora disponibili, non ci si può fermare adesso. Costi quello che costi.
EliminaTu sicuramente, con il tuo lavoro e la tua dedizione, attendi questa verità molto più di noi, e per questo permettimi di rivolgerti un appello, Daniele.
Visto che le analisi del DNA sono state completate e visto che qualcosa è saltato fuori, smuovi le acque, non lasciare che i riflettori si spengano, stavolta definitivamente sul caso. Perchè tra 40 anni non ci sarà nessuno che si batterà per la verità di quelle tre vittime.
Faccio questo appello a te Daniele perchè tu hai dei mezzi che noi non abbiamo (almeno non io, altrimenti te li avrei messi a disposizione): chiama le tv, contatta i giornalisti che conosci, smuovi i mass media.
Possibile che nessuna tv, sapendo che potrebbe esserci il nome dell'assassino, non è disposta a seguire il caso? È vero che molte trasmissioni televisive sono degli sciacalli, però non lasciare che si spengano i riflettori.
Ormai ci siamo quasi, non abbandonare proprio adesso.
Non preoccuparti Maria. Grazie per il tuo contributo.
Elimina(3) @Domenico Catalano: A prescindere dal discorso "Zarrelli si - Zarrelli no" mi sembra prevedibile, scontato, che Mario Zarrelli difese il fratello Domenico con forte passione personale e legale. Era un suo familiare, un suo consanguineo. Hanno 11 anni di differenza (Mario Zarrelli è del 1931 - Domenico Zarrelli è del 1942) ma hanno sempre dato l'idea di essere molto affezionato l'uno all'altro e l'altro all'uno. Penso quindi che malgrado Domenico Zarrelli fosse da giovane "la persona che era", e anche se Mario aveva una sua vita a parte, lui (Mario) gli voleva comunque bene e probabilmente si sentiva comunque legato a suo fratello. E chiaramente chi tuo consanguineo assumerebbe una posizione-contro? Se poi c'è dell'altro non posso saperlo con certezza naturalmente. Comunque Mario Zarrelli difese solo in primo grado suo fratello Domenico: in primo grado gli avvocati erano Mario Zarrelli-Andrea Della Pietra-Ivano Montone; in secondo grado gli avvocati erano Antonio Coppola e Giovambattista Ferrazzano; in Appello-bis e in Cassazione si unì, a Coppola e a Ferrazzano, Alfredo De Marsico. Che, all'epoca, era uno dei più potenti e prestigiosi (e anziani - infatti morì pochi mesi dopo la sentenza Zarrelli di Cassazione) avvocati penalisti di Napoli. Sia per motivi forensi sia per passate, importanti esperienze politiche. Mario Zarrelli tornò a difendere suo fratello Domenico per la causa civile che si è protratta per anni. Come hai visto a Telefono Giallo (23 dicembre 1988) erano presenti entrambi ed erano entrambi molto affiatati.
RispondiEliminaCredo che ci sia bisogno di mantenere una pressione di tipo "mediatico" molto forte su questo caso, altrimenti la Procura potrebbe davvero lasciarlo ricadere nell'oblìo. Una pressione magari attraverso diverse trasmissioni televisive.
RispondiEliminaGuarda non avevo letto il tuo appello mentre lo scrivevo io.
EliminaConcordo e lo sostengo pienamente.
Quì c'è un silenzio che dura dalla scorsa primavera, anche qualora il responso dovesse costare ai giudici di allora un clamoroso autogol, ci sono 3 persone ed un cane che sono state ammazzate brutalmente e che attendono giustizia e verità da 40 anni.
Non sempre la verità è facile, ma io sono dalla parte delle vittime.
Sostengo sundance.... Daniele non far spegnere i riflettori altrimenti la verità non si saprà mai
Finchè non si saprà la verità farò tutto il possibile perché non cali mai l'attenzione su questa storia.
EliminaIn realtà la mia domanda sul rapporto tra i due fratelli voleva arrivare ad un unico punto. Diciamo che era chiaro anche a me l'affetto e la complicità dei due fratelli ma volevo arrivare a questo: è vero che Domenico Zarrelli non è più giudicabile per via della sentenza di assoluzione in via definitiva ma se vi fu un complice che aiutò l'assassino quella sera, quel complice dovrebbe essere processato. Ora, se la deduzione corrispondesse al vero e quindi il colpevole è lo Zarrelli tra i sospettati potrebbero rientrare altri famigliari di Domenico tra cui il fratello Mario.
RispondiEliminaEsatto sig. Catalano... Lo sa che, quando ha posto la domanda sui fratelli Zarrelli avevo pensato le stesse identiche cose che sta ha appena scritto?
RispondiEliminaEsatto Daniele, concordo col sig. Catalano.
È vero che tra i fratelli ci sia amore, ed è vero che soprattutto nel sud c'è una cultura molto radicata secondo cui la famiglia è sacra e va difesa ad ogni costo (anche io sono del sud, per metà: mio padre è di Cosenza), ma la domanda del sig. Catalano, se posso permettermi era:
Dove finiva in realtà l'amore fraterno dell'avv. Mario Zarrelli e dove avrebbe potuto esserci, dietro a questo amore, questo forte impegno nel difenderlo, anche un personale interesse nel far sì che alcuni dettagli, magari di un'eventuale complicità, non saltassero fuori?
Infatti Daniele ti chiedevo precedentemente delle impronte di scarpe, e tu, puntualmente, mi hai risposto che, qualora i test fossero accurati, il tacco di scarpa corrispondeva ad un 41-42. Se questo esito fosse errato, il numero potrebbe essere maggiore. L'avv. Mario non è un omone. E se fosse lui il complice intervenuto ad aiutare il fratellino dopo le 3.00 di notte? Se fossero sue le impronte di scarpa lasciate nelle gore di sangue mentre aiutava il fratello a spostare i cadaveri?
Perchè, quando si è forse ad un passo dalla verità, l'avv. Mario Zarrelli invece di esultare per il fatto che (forse!!!) finalmente, il nome dell'assassino della zia e di colui che non ha pagato al posto del fratello potesse essere svelato, dall'intervista rilasciata ne sembra quasi infastidito.
Magari, Daniele, come dice il sig. Catalano, un complice può essere ancora processato. La complicità in un triplice delitto, depistamento delle indagini, occultamento di eventuali prove e chi più ne ha più ne metta, non è un reato da poco.
Sempre se quel nome risultasse essere l'ex imputato, intendiamoci.
Parliamo sempre di ipotesi e congetture.
Non dimentichiamo la circostanza che ha citato Daniele da qualche parte qui nel blog che non riesco più a ritrovare. Circostanza che ricordo nella sostanza ma non nel particolare, ma sicuramente Daniele può aiutarmi correggendomi. Un ispettore di polizia o comunque un addetto delle forze dell'ordine che quella sera entrò per prima all'interno dell'abitazione dei Santangelo notò una certa freddezza emotiva da parte di una persona (di cui Daniele non fa il nome) li presente, il quale per primo faceva notare agli organi di polizia la presenza dei mozziconi di sigaretta presenti qua e là sul pavimento. Persona questa, che non faceva parte delle forze dell'ordine ma bensì un civile. Ora, quella sera assieme ai pompieri e alle forze dell'ordine vi era anche Mario Zarrelli. Se la persona cui fa riferimento l'ispettore di polizia risultasse essere proprio lui (come penso) trovo questa dichiarazione angosciante e degna di nota. Sia per l'immotivata freddezza di un parente nel trovare componenti della famiglia orribilmente assassinati, sia per la prontezza nel far risaltare una prova che risultò poi artefatta.
EliminaEsatto sig. Catalano. A questo punto anche io penso che il nome che Daniele non ci può svelare sia quello dell'avv. Mario. Anche perchè è dato certo che lui fosse sulla scena del delitto al momento della terribile scoperta insieme agli inquirenti.
EliminaInoltre vorrei aggiungere un paio di elementi a rafforzare la tesi del sig. Catalano che personalmente condivido: se veramente fosse l'avv. Zarrelli la persona che si preoccupava più di far notare agli inquirenti i mozziconi sparsi per casa piuttosto che disperarsi davanti alla scena della zia massacrata, è plausibile pensare che lui, a differenza degli altri, ha avuto ben 9 giorni di tempo per metabolizzare la scena dell'orrore che invece sconvolse visibilmente tutti coloro che la videro per la prima volta.
Inoltre, se non ricordo male (correggimi se sbaglio Daniele), quando l'avv. Mario andò in questura a denunciare la scomparsa dei propri cari essendo ormai trascorsi ben 9 giorni di silenzio, pare che comunque disse alla polizia che volendo avrebbero potuto aspettare il lunedì successivo prima di andare a via Caravaggio per vedere - a suo dire - se magari la famiglia fosse semplicemente andata fuori per il week-end e tutto si sarebbe concluso con un falso allarme.
Ovviamente un organo di polizia, avendo ricevuto una denuncia di scomparsa, non poteva, eticamente e tecnicamente, ignorare tale denuncia ed effettuarono il sopralluogo che poi portò alla terribile scoperta di cui sappiamo.
Alla luce di questi nuovi elementi, questo pomeriggio, sono andato a rivedermi le testimonianze degli Zarrelli nelle trasmissioni 'Telefono Giallo' ed 'Il giallo e il nero'. E devo dire, che sentendoli parlare, faccio una fatica mostruosa a pensarli colpevoli. Se la verità che uscirà fuori dalla questura di Napoli sposerà questa pista credo che potremmo dare una nuova definizione alla parola 'Mostro'. Come dice Daniele il responso potrà rivelarsi un'amara scoperta. Lo Zarrelli dopo aver estorto soldi ai suoi familiari riesce a estorcerne tramite un ingiusto risarcimento allo Stato Italiano dopo aver passato la sua vita passando per vittima (cosa che gli riesce bene in video) e riuscendo a farla franca dopo un triplice omicidio così efferato. Da un lato spero che il colpevole non sia lui... troppo difficile da digerire. Come difficile è digerire l'impotenza della magistratura difronte ad un caso come questo.
EliminaCon tutta sincerità, penso che sarebbe stato meglio assolvere Domenico Zarrelli in via definitiva solo per insufficienza di prove. Forse non andò così perché ci fu una disposizione vincolante della Corte di Cassazione: quando nell'ottobre 1982 la Cassazione stabilì un processo d'Appello-bis spinse per un pronunciamento successivo senza "mezze misure". Se in Appello-bis Zarrelli doveva uscirne nuovamente assolto doveva esserlo con formula piena.
Elimina(1) Cercherò di rispondere a tutti i quesiti che avete sollevato. La pista-Turro è quella che considero più debole per una serie di dati oggettivi: perchè Domenico Santangelo era una persona paurosa e non faceva entrare estranei nel suo appartamento (quindi non ce lo vedo a ricattare qualcuno che -si era capito- era un individuo dedito ad attività illecite e a farlo pure entrare in casa); perchè mi viene difficile pensare che un Turro si muove completamente disarmato (le mie ricerche sulla biografia di questo tizio hanno fatto emergere un passato criminale di un certo spessore); perchè mi viene difficile pensare che un delinquente ha l'accortezza di gestire i cadaveri in un certo modo dopo averli massacrati. E Turro poteva sapere delle cose inerenti la putrefazione, i liquami della decomposizione ecc?; perchè mi viene difficile pensare che un delinquente di quello spessore ricorre al sistema meno silenzioso per uccidere le sue vittime (ad esempio: portarsi una pistola munita di silenziatore) e lui stesso non fa niente per nascondere la sua presenza in casa loro (si muove rumorosamente); perchè non vedo il motivo di passare ore in una casa a lui non familiare. Gli unici dati che sostengono la pista-Turro sono rappresentati dalla frase inquietante di Angela due giorni prima di morire uccisa e dalla mancanza di collaborazione di Turro nel ricostruire i suoi rapporti con i Santangelo per quel casolare a Camigliano. E' pochino. Sul numero di Turro trovato tra appunti presenti nello studio di Domenico Santangelo: li trovò la Polizia. Non mi risulta che furono fatti notare dall'avv. Mario Zarrelli. L'avv. Zarrelli fornì dei dettagli alla Polizia, nel dicembre 1975, in quanto lui era stato testimone di quella telefonata di sua zia Gemma su questo sedicente Ingegnere. E poi quando si andò al processo decise di battere questa pista alternativa nel suo lavoro difensivo, assieme alla pista-De Laurentiis. La pista De Laurentiis invece nacque, se non totalmente, in parte sulle impressioni di Fausta Cenname in merito alla familiarità e all'amicizia che c'erano tra Angela e il dottore dell'Inam. Non so se furono svolti accertamenti di Polizia giudiziaria nel casolare di Camigliano dopo la scoperta del triplice delitto. Ma immagino che chi di dovere ci andò: sarebbe assurdo il contrario. Per quanto riguarda le impronte di tacco penso che è ancora possibile analizzare in laboratorio quei dati. Almeno provarci. Cominciando da interventi (tramite l'operato di un ingegnere forense) sulle foto della Scientifica dell'epoca che documentarono quelle impronte.
RispondiElimina(2) Ma è chiaro che se la Scientifica ha acquisito adesso il DNA dell'assassino questo nuovo elemento acquisisce una importanza maggiore e dà una risposta rapida. Anche perchè Sanvitale ha dichiarato nell'intervista che il DNA è venuto fuori dalle tracce di sangue presenti su un asciugamano trovato sulla scena del crimine. Quindi è un dato decisivo. Che si presta oggettivamente, obiettivamente ad una sola lettura. Ad un'unica interpretazione. Il processo nei confronti del complice dell'assassino: dipende. Se la Scientifica è riuscita a trovare qualcosa che, oltre all'assassino, identifica anche il suo eventuale complice è possibile. Altrimenti no. Recentemente discussi con un Ispettore di Polizia giudiziaria che partecipò al sopralluogo in via Caravaggio e, dietro mia esplicita domanda, mi rispose che le impronte di tacco erano state comparate solo con le scarpe in uso a Domenico Zarrelli (rispetto a tutta la famiglia Zarrelli) sia perchè il procedimento giudiziario riguardava solo lui in merito alla presenza sulla scena del delitto sia perchè gli inquirenti evidentemente non avevano raccolto elementi che facessero pensare all'intervento di due persone sulla scena del crimine. Probabilmente se la testimonianza di oggi di Tino Simonetti fosse stata resa 40 anni fa da Caterina Simonelli (sua madre) per gli investigatori del '75 sarebbe stato possibile dare una spiegazione a quelle impronte di scarpa 41-42. Del resto, ho l'impressione che a qualcuno di loro è rimasto un sospetto su quel numero 41-42. Solo che: mancando allòra elementi che facessero pensare a due persone, il dato andava inserito nel caso Domenico Zarrelli ma volgeva a suo favore perchè il tacco portava ad un 41-42 mentre l'allora studente di Giurisprudenza calzava il 45-46. Gli investigatori cercarono di attribuirlo comunque a lui formulando l'ipotesi di un depistaggio. Solo che commisero il doppio errore di servirsi di un testimone inattendibile (il vigile urbano Arfè) e di collocare questo depistaggio a 24 ore dopo la strage. Quando era impossibile farlo perchè il sangue si era ormai coagulato. Con la testimonianza della signora Simonelli avrebbero potuto risolvere anche questo problema (cioè il "quando"), probabilmente. In questi giorni ho fatto molto girare l'intervista di Fabio Sanvitale. E' importante che se ne parli anche fuori del "perimetro" del web (Cronaca-Nera.it - Blog via Caravaggio). Perchè in mancanza di una attenzione collettiva sostenuta dai mezzi d'informazione tradizionali è facile per la Procura far "riaddormentare" il caso. In realtà ci sarebbe già riuscita se non fosse stato per gli articoli di Sanvitale del 31 ottobre e del 20 novembre e per l'intervista che io e Sanvitale abbiamo realizzato sui contenuti dell'articolo del 20 novembre. Ma forse ci vuole ancora qualcosa in più. Spero che qualcuno dei giornalisti napoletani che hanno (con il mio far girare l'articolo) letto l'intervista di Fabio Sanvitale per il mio blog decidano di fare qualcosa. Essendo "penne" del Mattino di Napoli.
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RispondiElimina(3) Il commissario Romano Argenio mi disse "Nel momento in cui si presenta da me, funzionario di Polizia, in Questura, una persona che parla di una inspiegabile mancanza di notizie da diversi giorni dei propri familiari, io non posso far finta di niente e rimandare un intervento a quando sarà ritenuto opportuno". Questo fu il senso del ragionamento del dott. Argenio. Era il suo dovere ad imporglielo. Sul discorso "Andare/Non andare": in Questura ci fu la sensazione che per l'avv. Mario Zarrelli si poteva anche rimandare al lunedì la cosa. Il pensare che magari, passato il fine settimana, i Santangelo sarebbero ritornati in sede. L'avv. Zarrelli, invece, fece capire che questa sua frase era venuta fuori perchè s'era accorto che erano i funzionari della Questura a sembrare poco motivati nell'intervenire subito: di sabato sera inoltrato e una volta che si erano trovati dinanzi a una segnalazione di mancanza di notizie e niente altro. L'altro punto del discorso: io parlai con il Dott. Fausto Esposito. Oggi magistrato presso la Corte d'Appello di Firenze, nel novembre 1975 neo sostituto Procuratore a Napoli (era arrivato -o tornato- da poco in Campania. Prima aveva prestato servizio in un paesino della Basilicata o del Molise). Lui (che - curiosità- era il cugino di colui che fu nel 1978 il Pubblico ministero del processo Zarrelli di primo grado: Liborio Di Maio) partecipò al sopralluogo in via Caravaggio come rappresentante della Procura di Napoli. Ricorda ancora alcune cose di quella sera di sabato 8 novembre: lo mandarono a prendere in piazza Garibaldi con un'auto di servizio e giunse sul posto subito. Ricorda anche con un certo sgomento quella scena del crimine. Mi ricordo che mi disse "Quella sera, tra l'altro, avevo un vestito nuovo. Dopo il sopralluogo lo dovetti buttare". Perchè nella stanza del bagno padronale, nella quale lui dovette entrare, c'erano due cadaveri in avanzato stato di decomposizione e mosche dappertutto. Doveva occuparsi lui dell'indagine istruttoria ma il giorno dopo decise di cederla al dott. Italo Ormanni perchè lo riteneva più esperto di questo tipo di investigazioni. Mi disse (il dott. Esposito) "Ricordo che mentre mi muovevo nell'appartamento per effettuare il sopralluogo c'era dietro di me ...... il quale mi faceva notare dei mozziconi di sigaretta. Dicendomi - Guardi signor Giudice, ci sono questi mozziconi quà / ci sono questi mozziconi là - Io ebbi l'impressione che si trattava di cose che venivano fatte notare di proposito perchè erano indizi falsi messi per depistare". Parlammo anche della camera di Angela: e cioè della borsa sul letto, aperta, del contenuto sparso sul letto. Anche in merito alla camera di Angela il dott. Esposito mi disse che secondo lui era tutto artefatto. Qualcuno aveva trafficato lì dentro solo per costruire (anche in camera di Angela) falsi indizi.
RispondiEliminaOgni giorno che passa ho la sensazione che la Procura non voglia più riportare il caso alla ribalta... Forse però qualche giornalista (senza fare nomi) ha avuto da fonte certa il nome della persona identificata dall'asciugamano, e probabilmente solo per questa via le Autorità potrebbero essere costrette a venire allo scoperto...
RispondiEliminaNon è una situazione facile per un doppio motivo: se la notizia resta confinata all'informazione pubblica del web diventa facile per la Procura tenere tutto a tacere per sempre; se la notizia si diffonde attraverso i mezzi tradizionali dell'informazione pubblica (e quindi quelli che di sicuro arriverebbero all'attenzione di tutto il Paese e agli occhi della Procura) la Procura potrebbe prendere posizione contro una "fuga di notizie". Probabilmente è questa la preoccupazione di chi (giornalista) conosce fino in fondo le ultime novità. Perchè significherebbe mettere nei guai (o poter mettere nei guai) la propria fonte d'informazione. E chiaramente questa fonte d'informazione deve essere o interna alla Procura o interna agli ambienti della Scientifica della Polizia di Stato che ha lavorato sui reperti. E' per questi motivi che chi sa spera che nel 2014 sia la Procura a fare il passo in più rivelando pubblicamente ciò che ha scoperto.
RispondiEliminaGià, oggi ci avevo pensato anch'io alla fonte "interna" da non bruciare. Ma allora, se giustamente si decide di non evidenziare la notizia trapelata, non c'è niente da fare: se la Procura non vuole, non succederà nulla...
EliminaQualcosa verrà fatto: ormai la notizia è uscita e indietro non si torna. Non subito. Direi di aspettare altri due, tre mesi.
EliminaSituazione di certo non facile. Ritengo, comunque, che tutte le trasmissioni televisive che si sono occupate del caso in questi anni lo abbiano fatto in modo superficiale in rapporto con quanto documentato sul web. Sembrano tutte un remake di quel telefono giallo del 1988. Nessuno che abbia aggiunto un particolare o un elemento in più degno di nota. Questo Blog è un autentico capolavoro e qui voglio rinnovare il mio apprezzamento verso il Sig. Daniele Spisso che ha condotto e continua a svolgere un lavoro importantissimo. Con professionalità ha raccolto una mole di documenti e testimonianze incredibili. Quello che colpisce maggiormente è l'obbiettività con cui questi documenti sono stati riportati e la logica con cui sono stati messi assieme. Se non fosse stato per questo Blog credo che anche io mi sarei disaffezionato al caso. Per non parlare della disponibilità al confronto rispondendo a tutte le domande degli utenti in modo sempre preciso e puntuale. E' un peccato mortale non rendere questa storia pubblica in tutti i suoi dettagli così come è stato fatto su questo Blog su larga scala.
RispondiElimina(1) Grazie. Purtroppo non è stato facile, per le trasmissioni televisive, ricostruire questa vicenda cercando di menzionare tutti i fatti e tutti i dettagli (tutti) che l'hanno caratterizzata. Perchè è una vicenda per la quale è facile circoscrivere delle piste ben precise ma allo stesso tempo ogni pista è ricca di molte informazioni (nonchè di accadimenti e personaggi) che solo in un blog o in un libro esclusivamente dedicati a questa storia è possibile ripercorrere dalla A alla Z. Contemporaneamente però vorrei sicuramente muovere un piccolo rimprovero ai mass media: perchè puntare quasi sempre sulla pista Turro visto che è la più debole? Perchè non ricostruire bene l'ex pista Domenico Zarrelli? Mi rendo conto che Domenico Zarrelli è stato assolto con formula piena in via definitiva ma questo non vuol dire "rivedere con toni diversi" e "ammorbidire" gli episodi gravi e drammatici che ormai sono Storia di questo caso. Domenico Zarrelli in giovane età non era sicuramente un ragazzo a modo e con i suoi comportamenti sicuramente sfiorava di gran lunga il codice penale. Questo è un dato oggettivo: c'è una querela del 1967 che parla chiaro e ci sono rapporti di Polizia giudiziaria su tutta la sua particolare biografia in famiglia. Inoltre non è affatto vero che il movente formulato dagli investigatori del '75 era inconsistente. Considerando la querela, le testimonianze, un racconto di Fausta Cenname sul delitto perfetto fornito dall'ex imputato e una intercettazione telefonica (nonchè altri episodi oscuri che portano a intravedere, dietro, la sua ombra - i tentativi di effrazione in via Mario Fiore ad esempio) è assolutamente verosimile la ricostruzione tracciata all'epoca a suo carico. E nonostante l'assoluzione con formula piena almeno per me i dubbi sulla sua innocenza restano, fino a eventuale prova biologica contraria. Sono rimasto meravigliato dal fatto che nel programma Blu Notte Carlo Lucarelli (un narratore sempre preciso) ha detto "Zarrelli fu riconosciuto da una sola maschera del cinema che disse di averlo visto la sera dopo". Non è vero: nessuna maschera lo riconobbe per il 30 sera (neanche i tassisti); le maschere se lo ricordano per il 2 novembre sera. A parte il fatto che c'è anche l'intercettazione telefonica della madre di Zarrelli dalla quale emerge una discrepanza con quanto raccontato allòra dall'avvocato. In sostanza: Zarrelli non ha un alibi per il momento della strage. Lui stesso a Il Giallo e il Nero ricorda ancora che disse di essere andato al cinema alle 20:30 e di esserne uscito in un orario per il quale la strage ancora non si era verificata. Quindi sulla questione-alibi la narrazione di Lucarelli è stata inesatta e, mi spiace doverlo dire, anche fuorviante per una corretta informazione pubblica.
RispondiElimina(2) Non mi risulta poi (come disse Lucarelli) che Angela Santangelo stava facendo in quel periodo progetti di matrimonio con Nicola Sceral, il fidanzato. La stessa migliore amica di Angela (Mary) mi ha fatto notare un'altra inesattezza del programma: Riva e Viganò (i collaboratori di Lucarelli) raccontano che Angela e alcune coetanee del suo palazzo si vedevano a qualche festa pur non stringendo mai una vera amicizia. Mary mi ha raccontato di una festa (una sola) organizzata in casa Santangelo tra ragazzi e vi parteciparono due, tre persone: Angela, Mary, il futuro marito di quest'ultima, un amico di Mary. Era anzi molto difficile organizzare feste tra ragazzi in casa di Angela perchè aveva un padre molto severo, che controllava la figlia e che in casa sua praticamente non riceveva quasi nessuno. Neanche il portiere. Tant'è che fu Mary (se non sbaglio) a dirmi che cercò di convincere il padre di Angela a concedere questa festa in casa sua e che dovette insistere non poco per strappargli un sì. Poi non mi risulta che Angela avesse amicizia con altre ragazze di via Caravaggio 78. Queste, tutto sommato, sono comunque le imprecisioni meno gravi. Ma, ripeto, sull'ex pista Zarrelli non si possono "ammorbidire" o raccontare in un modo un pò diverso i fatti solo perchè l'avvocato fu assolto con formula piena in via definitiva. Le cose brutte e talvolta gravi che lui ha combinato in gioventù restano. Sono storia di quella pista e di questa vicenda. E fanno capire che non avevano torto, gli inquirenti di allòra, a vedere in lui il principale sospettato e ad attribuirgli un movente legato ad una richiesta (ennesima) di denaro.
RispondiEliminaInfatti Daniele ricordo che nell'intervista proprio in questo blog all'amica di Angela, Mary, la notizia del presunto futuro matrimonio di Angela con Nicola l'aveva colta di sorpresa. Anzi, se non ricordo male Mary cadde dalle nuvole anche quando si parlò proprio di un fidanzato di Angela poichè l'amica disse che in quel periodo Angela cercava di conoscere qualcuno per innamorarsi ed avere una storia. È anche probabile che l'amica cercasse di preservare la memoria della sua amica del cuore morta tragicamente, ma sinceramente non mi sembrava che stesse recitando, ossia secondo me la signora Mary ha davvero riferito quella che era la situazione all'epoca.
EliminaInfatti. Occupandomi di questo caso ho avuto la fortuna di conoscere di persona Mary (e ne sono molto lieto) e posso dire che è una persona molto sincera e molto dolce. Ho capito da subito, ascoltandola, che lei voleva molto bene ad Angela e che lei ed Angela, insieme, erano davvero molto amiche. Dopo la scoperta del tragico fatto Mary voleva prendersi cura del cagnolino di Angela, Dick (lo credeva sopravvissuto alla strage, naturalmente. La povera bestiola ancora non era stata trovata nella vasca da bagno). C'è stato un periodo in cui (mi è stato raccontato) stavano spesso insieme: uscivano da sole, giravano per Napoli centro spostandosi sui taxi, andavano a seguire qualche allenamento della squadra di calcio Napoli. E poi ci fu una festa organizzata in casa di Angela alla quale presero parte solo Mary e altre due persone. Quindi gli amici veramente fidati di Angela. Se non sbaglio Mary mi ha raccontato di aver frequentato molto Angela fino alla primavera del '75, quindi fino a 5-6 mesi prima della strage. Dopodichè si iniziarono a vedere ogni tanto, non più a cadenze frequenti insomma (ma ciò non avvenne per contrasti personali - furono cambiamenti reciproci di abitudini di vita evidentemente perchè loro rimasero amiche vere). E fino alla primavera del '75 per Mary, di sicuro, Nicola Sceral resta una figura estranea. Cioè non ne sapeva niente. Mary ricorda Angela come single finchè si sono frequentate spesso. Al massimo, dopo la primavera del '75, Angela può solo averle accennato qualcosa in proposito ma niente di più, niente di particolare. Quindi è probabile che il dott. De Laurentiis fece conoscere ad Angela il Nicola Sceral nella primavera del '75. E comunque pare che Nicola Sceral si teneva molto distante dagli amici che Angela aveva. Angela a volte si incontrava con degli amici in piazza Amedeo a Napoli: ma quegli amici non piacevano nè a Nicola Sceral nè a Domenico Santangelo (almeno questo risulta dalle notizie di stampa del novembre 1975). Il papà di Angela era una persona un pò "speciale": era molto geloso verso la figlia e severo. E quindi aveva probabilmente una sua visione un pò "classista" delle cose.
EliminaPer "insabbiare" il caso, la Procura non potrebbe magari emettere una dichiarazione ufficiale con un falso dato, cioè che il DNA ricavato dall'analisi non appartiene a nessun sospettato, e chiudere così la questione?
RispondiEliminaNon penso che una Procura della Repubblica arriverebbe a fare una cosa del genere. Però (e se possiamo chiamarlo "analogo") qualcosa di "analogo", in un certo senso, è successo: dopo l'uscita del secondo articolo di Fabio Sanvitale su Cronaca-Nera.it (20 novembre) ho fatto notare la novità ad una giornalista napoletana con la quale sono in contatto attraverso il web e che a sua volta lavora nella redazione di un importante notiziario tv locale. Le avevo chiesto se era possibile far riprendere la notizia attraverso il telegiornale, affinché la Procura si sentisse incoraggiata (finalmente) a rivelare ciò che ha scoperto 7 mesi fa. La giornalista è stata gentile e disponibile e a sua volta ha informato di questa novità alcuni colleghi che si occupano di cronaca nera all'interno della redazione. I colleghi, per precauzione, hanno voluto compiere prima degli accertamenti. Con mia grande sorpresa venni a sapere che questi hanno poi acquisito una risposta negativa. Cioè: hanno chiesto conferma ad una fonte e questa fonte, invece, ha detto loro "No. Quanto mi state dicendo non è vero". Quindi (da questa fonte) è stato smentito il contenuto dell'articolo del 20 novembre di Sanvitale. Il dubbio mi è venuto: nel senso che non ho capito se i giornalisti del telegiornale si sono rivolti alla fonte sbagliata oppure se si sono rivolti ad una fonte giusta ma è stata loro data una risposta falsa per evitare una diffusione della notizia oltre il web. Naturalmente la giornalista alla quale mi sono rivolto mi ha detto che i suoi colleghi sono dei professionisti. E quindi, implicitamente, è come se avesse voluto dire "Ritengo che sono loro ad aver acquisito l'informazione esatta". Il dubbio resta. Anche per questo motivo ho chiesto a Fabio Sanvitale (dopo aver appreso ciò) di ripetere pubblicamente in una intervista per il mio blog quanto ha scritto pubblicamente il 20 novembre per Cronaca-Nera.it.
RispondiEliminaA questo punto sorgono spontaneamente le seguenti domande: Quali sono le fonti di Fabio Sanvitale? Queste fonti sono attendibili? Domande che francamente in questi giorni mi stavo ponendo in relazione al silenzio della questura di Napoli.
RispondiEliminaUlteriori dubbi sulla fondatezza delle dichiarazione di Fabio Sanvitale scaturiscono dalla possibilità che la scientifica sia effettivamente in possesso dei codici DNA dei protagonisti e dei sospettati che giravano attorno a questo delitto. Possibilità che dopo 40 di oblio trovo surreale.
RispondiEliminaNon sono molto d'accordo con lei, sig. Catalano. Non credo che il sig. Fabio Sanvitale si sia inventato di sana pianta le presunte indiscrezioni sugli esiti del DNA.anche perchè a quest'ora si sarebbe beccato anche una denuncia. Inoltre, qualora i risultati delle analisi avessero davvero dato un esito negativo, sarebbe stato molto più facile per la Procura di gestire la situazione. A quest'ora avrebbero già fatto un comunicato dicendo, ci abbiamo provato, ci dispiace, ma non è saltato fuori nulla.
EliminaNo, secondo me qualcosa è stato trovato. Non dimentichi, sig. Catalano, che anche l'omicidio della Contessa Alberica Filo della Torre fu risolto moltissimi anni dopo grazie alle analisi del DNA su un lenzuolo mi pare.
Io onestamente comincio a "temere" che l'ipotesi formulata da Daniele abbia un forte fondamento, ossia che il nome possa essere davvero quello di Zarrelli e, oltre a non poterlo riprocessare, gli inquirenti dovrebbero ammettere un clamoroso errore da parte della magistratura che non solo lo ha assolto, ma che ora gli sta facendo fare una vecchiaia da nababbo con 6mln di euro in tasta alla faccia di tutti e della zia morta massacrata. Al solo pensiero mi si rivolta lo stomaco, non ci voglio pensare.
Però voglio altresì cercare di formulare un'altra ipotesi, ossia che magari gli esiti del DNA hanno dato una pista su cui lavorare e che la Procura debba per qualche motivo che noi ignoriamo lavorarci ancora sopra.
Daniele, nonostante le porte chiuse che hai trovato e che troverai, senza tradire la fiducia e la discrezionalità delle tue fonti, non far spegnere i riflettori su questa storia, non ora che ci siamo quasi.
Anche se cruda, la verità deve essere svelata. Non si può uccidere la famiglia Santangelo una seconda volta.
Colgo l'occasione per augurare a te, Daniele ed a tutti i followers del blog i miei migliori auguri di un felice 2014 e che l'anno che sta per venire ci porti..... Il nome dell'assassino.
Grazie. Ricambio con piacere i tuoi auguri. Non preoccuparti: farò tutto il possibile affinché gli articoli e l'intervista di Fabio Sanvitale non diventino l'ultimo capitolo (senza prosieguo) di questa storia.
EliminaGentile Maria, non ho mai insinuato sulla cattiva fede del signor Fabio Sanvitale sostenendo che si sia inventato tutto di sana pianta. Stavo solo parlando di attendibilità delle fonti. Nell'intervista proposta, oltre a citare chi si starebbe occupando del caso, non viene spiegato come sia entrato in possesso di indiscrezioni così riservate. Capisco che le fonti vadano protette e che il motivo per cui non vengono rivelate sia proprio questo, ma se le fonti di Sanvitale dicono una cosa e le fonti di una redazione di un importante notiziario locale dicono il contrario qualcosa non quadra e credo sia legittimo interrogarsi anche su questo tema. Inoltre continuo a ritenere improbabile che i codici DNA dei protagonisti della vicenda siano in possesso degli organi investigativi. Anche l'appello di Daniele che chiedeva al sig. Zarrelli di sottoporsi a questo esame lascia presagire che non sono il solo a credere che non vi sia il materiale per un simile raffronto. Questo caso rispetto a quello da lei citato della Contessa Alberica ha un dettaglio in più. Qui vi è un sospettato che è stato assolto con formula piena e come tale non è tenuto a sottoporsi a nessun esame inerente a questo caso. Inoltre gli altri sospettati sono morti. Concludo nel dire, che in cuor mio, spero che la fonte del notiziario locale abbia mentito. Ma i dubbi restano. Grazie per gli auguri che ovviamente ricambio a tutti voi.
EliminaSig Catalano, le chiedo scusa, forse nella fretta non mi sono espressa bene nella mia risposta, e me ne scuso. Da quando seguo questo blog ho trovato con piacere tutte persone che analizzano i fatti, le notizie ed i commenti sempre con razionalità, rispetto e toni pacati. Non volevo assolutamente insinuare che lei stesse accusando il giornalista di essersi inventato tutto.
EliminaVolevo solo dire che mi sembra strano (anche se al giorno d'oggi, in teoria, non ci si dovrebbe più sorprendere di nulla), che il sig. Sanvitale abbia scritto un articolo con delle rivelazioni tanto importanti senza avere un minimo di base di appoggio, senza un indizio, senza una rivelazione.
È vero, come dice lei sig. Catalano e come ci ha detto Daniele, che una stazione locale abbia invece detto che la notizia non era fondata.
È vero, qualcosa che non quadra c'è, e, volendomi armare del più ottimismo di cui sono dotata, voglio sperare solo che la Procura stia, al momento, solo cercando di arginare la fuga di notizie per poter continuare a lavorare sul caso. È vero, sig. Catalano, che il caso della contessa Alberica Filo Dalla Torre era completamente diverso: infatti se ben ricorda all'inizio fu indiziato il marito. Anni dopo, grazie alle analisi del DNA, si giunse al vero assassino, ossia al filippino.
Mi rendo conto che, tuttavia, se da questo caso il nome che saltò fuori dalle analisi eseguite la scorsa primavera dovesse essere davvero quello di Zarrelli, sarebbe doppiamente imbarazzante per tutti i motivi che sappiamo, ma, come ho già scritto in uno dei miei precedenti commenti, a questo punto chiedo, come del resto tutti voi del blog, di conoscere la verità.
Sono realista e so benissimo che la storia moderna e contemporanea (non solo italiana) è piena di casi di "insabbiamenti", di verità non dette. In più in questo caso c'è anche l'aggravante dei quasi 40 anni trascorsi che rendono l'omicida non più condannabile o perchè deceduto, o perchè introvabile o perche' già assolto.
Non voglio dilungarmi perchè di questi argomenti ne abbiamo già parlato, però io, cari sig. Catalano e sig. Daniele forse sono un'inguaribile ottimista o forse sognatrice o forse entrambi.... Ma penso fermamente che comunque non ci si può arrendere nel continuare a chiedere almeno la verità, l'unica cosa che nè un decesso, nè una ipotetica sentenza errata possano cancellare.
Non chiederei mai di violare la sacralità della riservatezza della fonte, non vorrei mai arrivare a tale verità usando mezzi impropri, ma forse il fatto che siamo nel xxi secolo qualcosa vorrà dire.... Oggi "insabbiare" è di gran lunga più difficile di un tempo, non solo grazie a mezzi di informazione più potenti, ma anche perchè adesso il pubblico non si accontenta più di una mezza scusa (e non parlo nello specifico di questo caso) messa lì per tenere buono il popolo. Adesso ci sono social network, smartphones, prese di coscienza e sempre più voglia di sapere che anche in altri casi hanno abbattuto dei muri di silenzio...
In nome di tutte queste valori, di questa sacrosanta verità - qualunque essa sia - che aggiungo il mio coro a quello di tutti coloro che, come Daniele, non vogliono che i riflettori si spengano stavolta per sempre sulla strage di via Caravaggio. Stavolta abbiamo trovato una porta chiusa. Magari la prossima sarà socchiusa.......
Di nuovo auguri a tutti
Maria.
Vorrei precisare che il mio "appello" indirizzato all'avv. Domenico Zarrelli si basava su questa constatazione: ho fatto l'ipotesi che la Procura di Napoli ha deciso di prendere in esame solo i DNA di persone all'epoca sospettate ma mai giudicate. Lasciando fuori, automaticamente, chi già era stato giudicato e poi assolto in via definitiva. Da quì il mio appello: invitare l'avv. Domenico Zarrelli (se si sente davvero innocente) a dare questo contributo alla ricerca della chiarezza e della verità nel caso le comparazioni genetiche con persone all'epoca non giudicate si fossero rivelate negative, determinando quindi una situazione in cui gli inquirenti si ritrovano in mano un DNA senza nome. Non era, quindi, un appello che si basava sulla difficoltà di reperire i DNA. Stando a quello che ha scritto Fabio Sanvitale, dovrebbe essere stato acquisito anche il DNA dell'avv. Domenico Zarrelli. Se è così, può darsi che è stato acquisito ad insaputa dello stesso avvocato. E' una procedura legittima: si entra in possesso anche di una tazzina da bar in cui si è bevuto, la si porta in laboratorio, si estrae il DNA della persona in questione dai fluidi biologici che ha lasciato con il proprio contatto fisico e lo si ricostruisce attraverso l'Elettroforesi. Volendo (cioè se il magistrato competente è così scrupoloso da non voler, già all'inizio, non tralasciare alcunchè) è anche possibile, per sicurezza, estendere questo tipo di verifiche anche a persone ufficialmente già scagionate. Ad esempio quando ripartì l'indagine sul delitto di via Poma (Simonetta Cesaroni) la Procura della Repubblica di Roma inserì, nella lista dei sospettati, per gli esami sul DNA, anche due persone che già erano state prosciolte in Istruttoria negli anni '90.
EliminaIo posso dire ai miei lettori che Fabio Sanvitale mi ha confermato anche in privato il contenuto del suo articolo del 20 novembre (e quindi il contenuto dell'intervista che ha rilasciato per questo blog) e, da quanto ho capito, c'è qualche altra cosa (a lui nota) che però, almeno per adesso, non può essere detta in pubblico. Immagino che si tratta del nome e cognome della persona identificata a maggio. Sinceramente penso che un giornalista non arriva ad esporsi fino a questo punto, e tre volte in pubblico, se non fosse certo di aver ottenuto informazioni attendibili da una fonte affidabile. Allo stesso tempo, ritengo che può essere che la Procura non vuole far sapere ciò che ha scoperto e non vuole una fuga di notizie al punto da trasmettere una informazione inesatta a giornalisti di un tg regionale. Perchè se è accaduto che è stata identificata una persona già giudicata, sappiamo che la Procura non può fare niente. La Procura non si può muovere fuori della legge. E la legge, per situazioni del genere, li obbliga a stare con le mani legate: perchè l'articolo 649 del Codice di Procedura Penale stabilisce il divieto di un secondo giudizio se si tratta di una persona già giudicata e assolta in via definitiva. Io mi confrontai con un magistrato calabrese sul caso Graziella Franchini: in quell'occasione domandai "Ma se oggi analisi scientifiche sui reperti dovessero dimostrare, attraverso il DNA, che gli autori del delitto erano proprio Teresa Tropea e Caterina Pagliuso, assolte in via definitiva alla fine degli anni '80?". Il magistrato (che tra l'altro è un ex addetto ai lavori del caso Franchini) mi rispose "Non possiamo fare più niente". Personalmente io ho stima di Fabio Sanvitale. Questo mi sento di dire.
RispondiEliminaSandro, 30 dicembre 2013 "Ammesso che la Procura abbia in mano DNA e nome dell'assassino, le ipotesi sul tavolo sono due: 1) o si tratta di persona giá giudicata e assolta per lo stesso reato, con conseguente inammissibilità di una nuova imputazione; 2) o si tratta di una persona defunta, con altrettanto ovvia impossibilità di esercitare l'azione penale. Ció spiega il riserbo della Procura, sempre che non si stiano facendo altre analisi o non ci sia - in realtá - niente di nuovo. Dopodichè ci si puó interrogare sulla possibilità di usare quegli ipotetici dati ai fini di giudizi civili connessi ai tragici fatti del '75. Se ci legge, chiedo a Tenebre di approfondire..."
RispondiEliminaQuesta comunicazione mi è stata indirizzata ieri da Sandro, utente di un Forum intitolato al caso del Mostro di Firenze. Ciao Sandro: sinceramente non lo so se questa nuova scoperta rivelata da Fabio Sanvitale può essere utile, giudiziariamente, almeno per una Parte civile. Può rispondere un avvocato al tuo quesito. Posso comunque dire, a te e a i miei lettori, che il figlio (anche lui penalista) dell'avvocato di Parte civile di Gaetano Santangelo è stato da me informato, recentemente, delle indagini scientifiche avviate dalla Procura di Napoli e terminate 7 mesi fa. Quindi lo Studio legale Rocco di Torrepadula è al corrente delle novità.
Anche io ho la fortissima impressione che il giornalista, pur mantenendo il riserbo, sappia il nome di colui a cui appartiene il DNA trovato sui reperti analizzati. Quindi, se questa impressione fosse giusta, mi domando se è possibile che la Procura decida di non comunicare mai i risultati (e sostanzialmente il nome dell'assassino) per via del fatto che il colpevole, vivo o deceduto, non è più imputabile... E mi domando se legalmente possa farlo.
RispondiEliminaFino a prova contraria, la mia ipotesi è che il DNA emerso dalle analisi di laboratorio sui reperti è quello dell'avv. Domenico Zarrelli. Se invece non è così, prima o poi lo sapremo.
EliminaPerchè? Se per ipotesi il DNA appartenesse ad un altro sospettato, perchè pensi che prima o poi lo sapremo?
EliminaPrima o poi bisognerà muoversi un po' per contribuire a far saltare fuori quello che è stato scoperto a maggio. Non mi piace di veder finire così questa storia.
EliminaE come si potrebbe agire, nel caso? Chiamando "Il Mattino" o il "Roma"? Non vedo come si possano fare pressioni efficaci sulla Procura affinchè dichiari ufficialmente il vero esito delle analisi...
EliminaNon è necessario: Giovanni Virnicchi (giornalista in pensione de Il Mattino e tra l'altro ex testimone-giornalista diretto del caso via Caravaggio) e Giuliana Covella (penna de Il Mattino - autrice di un libro sul delitto di Ponticelli del 1983 e di un altro dedicato al tema del Femminicidio) hanno letto l'articolo di Fabio Sanvitale del 20 novembre; la dott.ssa Covella ha letto anche l'intervista di Sanvitale pubblicata in questo blog il 16 dicembre. Al momento però (sono stati portati al corrente delle novità tra il 17 ed il 21 dicembre) ancora non mi hanno comunicato alcunché. E poi stavo pensando, nei prossimi giorni, se sarà possibile, di far uscire la stessa notizia attraverso un sito internet di giornalismo (presso la cui redazione lavora una persona che conosco) la cui redazione è a poca distanza tra l'altro dalla Procura della Repubblica di Napoli. Più di questo, amici, non penso però che posso fare. Lo scopo è dare risalto alla notizia in modo tale che la Procura dovrà per forza, con una nota pubblica, dire qualcosa. Per quanto riguarda il Telegiornale regionale non penso che c'è altro da poter fare: ho l'impressione che coloro che si sono attivati per le ricerche si fidano della loro fonte. Quella che ha smentito il contenuto dell'articolo di Sanvitale.
EliminaQuesto non lo so sundance..... Certo, se gli eredi del Santangelo continuano a disinteressarsi alla vicenda, anche i tentativi di sollecitare la Procura affinchè sveli i risultati scaturiti dagli accertamenti effettuati con l'esame del DNA rischiano di cadere nel vuoto....
RispondiEliminaE' indubbio. Ma sono certo che, tanto per cominciare, loro neanche sapranno delle indagini scientifiche avviate sui reperti e terminate lo scorso maggio.
EliminaScusa Daniele, posso fare una proposta? Mi autorizzi ad inoltrare questa pagina del blog dell'intervista Fabio Sanvitale alla trasmissione "Chi l'ha Visto?"
EliminaMagari neanche la leggono, ma loro una volta si sono occupati del caso, e magari portandoli a conoscenza di queste nuove importanti novità (non credo di svelare nulla di segreto, d'altra parte nella loro puntata ebbero come ospite la genetista che ha ripreso in mano il caso, insieme ad altri colleghi, criminologi, psicologi, avvocati, ecc), loro riescano a smuovere più acque di noi.
D'altra parte, non dimentichiamoci, che "Chi l'ha Visto?" Andò a scovare la salma di Renatino De Pedis nella cripta di S. Apollinare a Roma, con tutto quello che ne conseguì sul rapimento Emanuela Orlandi e relative responsabilità.
Dimmi tu.....
Ho trasmesso l'intervista per il mio blog anche a Pino Rinaldi, giornalista che lavora per Chi l'ha visto? ma se tu vuoi farlo non ho nulla in contrario. Anzi mi fa piacere.
EliminaOk lo faccio subito.
EliminaMi sembrava corretto nei tuoi confronti avvertirti e chiederti il permesso, prima di intraprendere questa iniziativa.
Grazie Daniele
Grazie a te.
EliminaFatto!!!!
EliminaVuoi che ti inoltri la mail?
Inviamela a: s.spisso@libero.it
EliminaGrazie
Te l'ho inoltrata Daniele. Adesso teniamo le dita incrociate....
EliminaMi auguro tanto che ci ascoltino...
Me lo auguro anch'io. Grazie per quello che hai fatto. Lo apprezzo molto.
EliminaL'ho fatto volentieri e se sarà necessario insisterò.
EliminaSe è vero che la Procura ha questo nome, la verità non può essere occultata. Il mostro di Via Caravaggio ha già ammazzato brutalmente i Santangelo. Lo Stato non può negare alla loro memoria la verità. Qualunque essa sia e per quanto brutale, dolorosa ed orribile possa essere
Io non mi arrendo facilmente.
Grazie. Condivido.
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaDaniele, ti prego di credermi, ti giuro che, mentre tu stavi per pubblicare questo commento, io ti stavo scrivendo appunto per chiederti se tu fossi a conoscenza di che numero di scarpe calzasse l'avv. Mario Zarrelli?
EliminaPurtroppo, non essendo stata cristallizzata come incidente probatorio la testimonianza della Sig.ra Simonelli che confidò alla famiglia di aver avuto la sensazione di aver udito i passi di due persone muoversi all'interno dell'appartamento, ufficialmente la Procura temo si possa muovere sulla base di un solo assassino.
Non sono un avvocato (ma posso chiedere, mio cognato è penalista) ma non so se il figlio Santino possa testimoniare al posto della madre. In genere questo tipo di testimonianza - indiretta - non mi pare sia accettata in quanto sentito dire, ma la signora Simonelli è deceduta forse il figlio può testimoniare.
Grazie. Fammi sapere.
Elimina(2) Più o meno nello stesso periodo, ebbi un colloquio telefonico con l'attuale Sostituto Procuratore Generale presso la Corte d'Assise d'Appello di Firenze Fausto Esposito. Nel novembre 1975 il Dott. Esposito era stato da poco nominato Sostituto Procuratore della Repubblica di Napoli e partecipò al sopralluogo in via Caravaggio la sera di sabato 8 novembre. Tra l'altro mi disse "Guardi l'unica pista valida era quella Zarrelli. Si parlò di altre cose, come anche lei mi sta dicendo, ma erano tutte storie ininfluenti. Nel processo di primo grado l'accusa fu sostenuta da mio cugino: Liborio Di Maio. Lui fu bravissimo a dimostrare la colpevolezza di Domenico Zarrelli. In quella casa si aveva l'impressione di una messinscena. Anche nella camera personale della ragazza, Angela, erano stati costruiti dei falsi indizi. Ricordo che mentre effettuavo il sopralluogo c'era dietro di me l'avv.to Mario Zarrelli che mi faceva notare dei mozziconi di sigaretta. Mi diceva -Guardi dottore, ci sono questi mozziconi quà, ci sono questi mozziconi là-. Ebbi l'impressione che erano tutti falsi indizi per depistare le indagini". Anche quì, naturalmente, dobbiamo restare cauti finchè non sapremo chi è la persona identificata con il DNA 8 mesi fa dalla Procura di Napoli. Allo stesso tempo, non possiamo non tener conto del fatto che anche al dott. Romano Argenio (funzionario di Polizia presente al sopralluogo l'8 novembre '75 sera) la scena del triplice delitto dette l'impressione di essere artefatta e al dott. Argenio fecero una strana impressione i mozziconi di sigaretta ritrovati nell'appartamento. Come se fossero stati prodotti da sigarette solo accese e poi spente o fumate appena appena e poi spente. Quindi come se fossero altri indizi falsi per depistare. Il giornalista Fabio Sanvitale ha avallato questi dubbi del dott. Argenio con l'articolo per Cronaca-Nera.it del 20 novembre e con la dichiarazione a me rilasciata nell'intervista pubblicata per il mio blog il 16 dicembre. Perchè (fa capire Sanvitale) quando la Scientifica ha recuperato oggi quei mozziconi dai reperti del triplice delitto ha notato che effettivamente si presentavano "strani". Non dei mozziconi veri e propri: tipici di chi realmente fuma una sigaretta e poi la spegne solo quando si è consumata.
RispondiEliminaStavo rileggendo queste informazioni che ci hai gentilmente divulgato in queste ultime settimane... A volte leggo anche più di una volta, perchè ci sono sempre dei particolari che possono sfuggire o possono sembrare, in un primo momento, irrilevanti.
EliminaMentre leggevo questo paragrafo ho provato ad immaginare la scena dell'8 novembre 1975 per l'ennesima volta. Il pompiere finalmente entra in casa, a fatica trova l'interruttore generale, comunque (non ricordo esattamente la sequenza, ma in questo contesto non importa) riesce ad arrivare alla porta. Apre, pronuncia l'ormai nota frase "Sangue, c'e' sangue...". Successivamente entrano finalmente gli inquirenti ed anche l'avv. Mario Zarrelli, che aveva appunto denunciato la scomparsa dei congiunti proprio quella sera dopo giorni di assoluto silenzio da parte della zia e famiglia.
L'avv. Mario Zarrelli si ritrova davanti alla scena della zia sgozzata in un lago di sangue, una scena raccapricciante (anche quel giornalista che prese parte alla puntata di Telefono Giallo lo disse, è stata una scena atroce difficile da dimenticare). Una scena che tutti conosciamo anche perchè fece il giro delle maggiori testate giornalistiche del tempo. Da best seller horror, se non fosse vera.
Io stessa, quando vidi il servizio a Chi l'ha Visto, quella sera non riuscivo a prendere sonno. E questi signori neanche li conoscevo.
Ora, io non voglio trarre facili conclusioni, non mi permetto di parlare e sentenziare sui sentimenti altrui e non credo assolutamente che una persona che non versi una lacrima in pubblico sia meno sensibile di chi si dispera e piange come una fontana...
Però confesso senza remore che il fatto che l'avv. Mario Zarrelli abbia trovato la lucidità di mettersi a contare i mozziconi sparsi per terra e a farli notare agli inquirenti subito dopo ad aver assistito alla scena della zia e dello zio massacrati brutalmente in quel modo, fa pensare.
Forse dei rispettabili psicoterapeuti mi potranno smentire, ma io l'ho trovato inquietante.
Al di là - ci tengo a precisarlo - di quale sia l'esito delle analisi del DNA.
(3) Voglio aggiungere: quando ho parlato recentemente con la figlia dell'avv.to Mario Zarrelli le ho chiesto come mai, secondo lei, i frammenti di vetro di occhiali (quelli dei quali suo padre parla nella causa civile promossa in favore di Domenico Zarrelli) risulterebbero mancare all'appello nelle fotografie della Scientifica e risultano mancare all'appello nelle sentenze della Corte d'Appello di Napoli (1981) e Potenza (1984). Non se ne parlò neanche a Telefono Giallo (1988), l'avvocato di Parte civile dei Santangelo al processo Zarrelli di Potenza non ne ha mai sentito parlare, un Ispettore di Polizia presente al sopralluogo l'8 novembre '75 sera mi ha detto (di recente) "Non mi risulta che ci fossero. Se c'erano li avremmo repertati di sicuro anzichè lasciarli lì. Non so l'avv.to Mario Zarrelli per quanto tempo rimase in quella casa durante il sopralluogo ma se li ha visti lui dovevamo vederli noi prima di lui". L'avv.to Mario Zarrelli (lo ricordo) parlò di questo reperto nella causa civile promossa in favore di suo fratello Domenico, sostenendo che si trovavano sul pavimento del salotto. Era un indizio che ad avviso dell'avv.to Mario Zarrelli poteva rivelarsi utile per fare chiarezza sulla pista De Laurentiis. In quanto il medico Inam risultò essersi recato presso un'ottica nei giorni della strage. La figlia dell'avv.to mi ha risposto "Non so il perchè di queste smentite e di queste assenze. Mio padre non se l'è inventato. Proverò a chiedere a lui".
RispondiEliminaMa, a questo punto Daniele, mi viene da chiedere: la pista De Laurentiis esiste davvero?
EliminaMi spiego meglio, aspetta: sotto un aspetto strettamente giudiziario (perchè, come dici giustamente tu, Daniele, noi ci atteniamo ai fatti) quali furono gli indizi effettivamente consistenti e quali le testimonianze che portarono gli inquirenti ad indagare, sebbene superficialmente, sul medico dell'INAM?
Abbiamo la testimonianza di Fausta Cenname che disse che, durante una festa in casa Santangelo in onore di Angela alla quale prese parte anche il Dott. De Laurentiis con la moglie, ebbe la sensazione che la giovane rimase molto turbata nel vedere il collega entrare con la consorte e che pertanto ebbe la sensazione che il loro rapporto fosse più profondo che un normale legame di lavoro. (Correggimi sempre se sbaglio, per carità)
Ma ci furono colleghi/e dell'INAM che videro, che so, i due in atteggiamenti equivoci? Si hanno prove della relazione?
Ci fu quella famosa gita di cui si parlò anche da qualche parte in questo blog, ma non erano da soli. Vi presero parte in quattro. È vero che, all'epoca, era molto più difficile muoversi liberamente. La mentalità dell'epoca era assai più rigida di adesso e sfuggire a pettegolezzi era molto arduo.
Prove di una presunta gravidanza non ce ne sono. Addirittura il prof. Zangani durante la trasmissione tv Telefono Giallo sembrava essere convinto del contrario, anche perchė sembra che i diari di Angela riportassero nota di una mestruazione del 2 ottobre perfettamente in sintonia con quella in corso al momento del decesso.
Sul De Laurentiis si indagò in contemporanea al Zarrelli oppure fu una tesi montata dall'avv. Mario (e forse gonfiata ad arte) per distogliere l'attenzione dal fratello?
Perchè una semplice relazione clandestina - sempre che ci fosse stata!!!- mi sembra un po' poco per un triplice omicidio del genere.
È vero che strano fu l'episodio in cui fu concesso al De Laurentiis di chiamare la moglie per avvisarla che sarebbe scattata una perquisizione presso la loro abitazione (procedura di certo poco ortodossa), e che il medico dell'INAM è di certo il miglior candidato, tra il Turro e lo Zarrelli, alla soluzione -occultamento dei cadaveri nella vasca immergendoli nei 20cm di acqua fredda per ritardare il processo di putrefazione in quanto medico....
Ma, in base alle documentazioni in tuo possesso, in base alle testimonianze ed ai fatti, quanto era effettivamente solida la pista De Laurentiis?
PS: forse ti conviene aprire un nuovo paragrafo con le riflessioni, siamo arrivati ad oltre 100 commenti ....:-)))
(1) Per quanto riguarda l'esistenza di una relazione tra Angela e il dott. De Laurentiis non ci sono prove. Come ho detto anche in passato, è stata solo una ipotesi. E quindi, per quello che è stato accertato, non c'era una relazione tra la vittima più giovane ed il medico dell'Inam. L'ipotesi sarà nata in qualcuno dell'ufficio Inam e in Fausta Cenname: in qualcuno dell'ufficio Inam perchè Angela (almeno così hanno riferito alcune impiegate) stravedeva a quanto pare per questo dottore e perchè praticamente molti dell'Inam sapevano che il De Laurentiis era un collezionatore di conquiste femminili; in Fausta Cenname perchè notò che Angela assunse uno strano atteggiamento quando il medico e la moglie si presentarono in casa Santangelo per una festa della ragazza. Il De Laurentiis le regalò un profumo e Angela non avrebbe detto al fidanzato Nicola Sceral di questa cosa. Il sospetto è nato in qualcuno anche perchè questo dott. De Laurentiis si metteva intorno ad Angela, per così dire: le aveva presentato Nicola Sceral (che poi divenne il fidanzato della ragazza), si era organizzato con lei e con Nicola per trascorrere insieme alcuni momenti d'evasione fuori dell'ufficio. Insomma c'erano stati episodi che a qualcuno non avevano fatto pensare esclusivamente ad un rapporto tra impiegata e il medico dello stesso ufficio. Poi c'era stata una strana discussione nell'Inam, non meglio chiarita: il 29 ottobre Angela avrebbe consegnato un proprio diario ad una impiegata; questa cosa sarebbe stata riferita da un medico al dott. De Laurentiis. Ma in sede di accertamento (durante l'Istruttoria formale) il De Laurentiis disse di aver capito male e sia lui sia chi glielo avrebbe riferito (l'altro medico, cioè) non si spiegarono bene davanti agli inquirenti. Fu un altro episodio (confuso) che fece nascere qualche sospetto perchè nella camera personale di Angela era stata trovata la borsa aperta, sul letto, e parte del contenuto sparso sul letto (più un cassetto della scrivania aperto) e perchè in ufficio c'era chi sapeva che Angela annotava tante cose in un suo diario (ad esempio lo sapeva il dott. Sirignano - lo disse a Telefono Giallo). Questi, in sostanza, sono gli elementi che facevano da sfondo alla pista De Laurentiis.
Elimina(2) Gli indizi a suo carico: era, in un certo senso, un conoscente di Domenico e di Angela Santangelo; era già stato in casa loro; in quanto medico (cioè per gli studi fatti), sapeva come si devono maneggiare i cadaveri; le impronte di tacco nel sangue larghe 7 centimetri e compatibili con un numero di scarpa 41-42 (numero di scarpa che il De Laurentiis portava). La Polizia giudiziaria fece qualche accertamento nei suoi confronti: il giornalista Ricci di Paese sera ha detto a Telefono Giallo che su di lui i controlli furono esaurienti; l'avv. Mario Zarrelli disse il contrario al punto che portò nei processi a carico di suo fratello Domenico questa pista, oltre a quella Turro, e al punto che ha basato anche su questa pista a suo avviso trascurata (così come su quella Turro) la causa civile poi promossa in favore di suo fratello Domenico. Sicuramente si può dire che comunque il De Laurentiis non fu considerato il principale sospettato. Nella causa civile, l'avv. Mario Zarrelli ha parlato di questi frammenti di vetro di occhiali non repertati nel '75. E ha fatto notare che era un elemento importante in quanto nel periodo della strage il De Laurentiis (che faceva uso di occhiali per la vista) si era recato presso un'ottica. Però su questo reperto ci sono smentite da parte di tutti gli altri: a cominciare da un Ispettore di Polizia presente al sopralluogo l'8 novembre 1975 sera per finire all'avvocato di Parte civile dei Santangelo nel processo Zarrelli di Potenza. E comunque non ce n'è traccia nelle sentenze d'Appello di Napoli e Potenza. Non ce n'è traccia nelle ricostruzioni di Telefono Giallo del 1988, non ce n'è stata traccia a Il Giallo e il Nero (marzo 2013). Si badi che in quest'ultimo programma la Dott.ssa Di Giulio aveva disposte sul tavolo tante foto scattate dalla Scientifica nella casa del triplice delitto. Sulla questione-aborto: i dati scritti da Angela nel suo diario confermano la scadenza mestruale verificatasi in concomitanza con il momento della strage e l'autopsia non ha rilevato cose sospette analizzando gli organi genitali della ragazza. Certo: se uno voleva essere ancor più "zelante" poteva far eseguire un esame più specialistico che avrebbe dato una doppia conferma (o chissà: una smentita). Stando agli accertamenti che i Medici legali ritennero di dover fare, tuttavia, gli organi genitali si presentavano a posto. E quindi niente faceva pensare a manovre abortive pregresse.
Elimina(3) Qualche sospetto nacque anche perchè il De Laurentiis aveva sconsigliato a Nicola Sceral di avvertire la Polizia a seguito della prolungata mancanza di notizie dei Santangelo e per qualche apparente, strano comportamento suo nei giorni in cui Angela non si era più presentata al lavoro: sembrava il meno preoccupato dei suoi colleghi, disse che si sarebbe recato lui in via Caravaggio per sapere qualcosa e poi rimandò la visita.
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RispondiEliminaMamma mia Daniele, più ci si addentra in questa storia, più ti diventa complessa, sembra una soap opera per gli intrecci, le complessità, i personaggi, se non fosse invece tragica.... Confesso che, quando iniziai a seguire la vicenda, mi ero fatta la mia idea personale secondo cui il colpevole fosse il Turro, e ne ero convinta, credimi. Parlo ovviamente di una mera opinione personale.
RispondiEliminaE, sempre secondo la mia opinione, la pista De Laurentiis non mi aveva mai convinta.
Invece, più seguo il blog, i programmi tv, più leggo in giro, più le mie certezze vengono meno. Tutte. Ogni volte che un'altra ipotesi sembra prendere piede, crolla subito dopo.
Ricordo perfino di aver scritto in questo blog quanto Domenico Zarrelli mi avesse fatto pena per quello che aveva subito.
Per carità, con questo non sto dando per scontato che sia lui il colpevole, ma davvero non so più cosa pensare, e tanti indizi o fatti che sembravano portare quasi inequivocabilmente da una parte, adesso mi viene da pensare tutto il contrario di tutto.
Provo un senso di profondo smarrimento davanti a questa storia e anche per questo mi scuso se ti sto martorizzando di domande sul De Laurentiis: per quanto tu sia documentatissimo, ovviamente non hai modo di darmi delle certezze che vorrei avere, certezze, che, come ti dicevo, ero quasi sicura di avere (nel senso che mi sentivo più convinta delle mie opinioni) nei primissimi periodi in cui iniziai a seguire questo caso.
Anche da questo si fa sempre più forte il mio desiderio ed il mio impegno nella ricerca della verità, verità che al momento solo la Procura di Napoli può svelare con analisi genetiche.
Ormai l'unica cosa da fare è battersi per avere la verità.
Grazie per avermi risposto con pazienza e completezza sul De Laurentiis
In merito alla pista De Laurentiis c'erano anche dei segni (dei graffi) notati (da chi lo conosceva) su parti visibili del corpo del medico Inam, nel periodo della strage. Ma sotto questo aspetto, per completezza d'esposizione, ricordiamo che anche Domenico Zarrelli si trovava in una situazione un pò sospetta perchè aveva alle mani dei segni puntiformi. Certo: i Giudici Istruttori competenti formularono l'ipotesi che si trattasse di segni prodotti da un morso del cagnolino Dick ma furono smentiti dal loro stesso perito, il Medico legale Prof. Zangani. Il quale anzi dette ragione all'ex imputato affermando che i segni erano compatibili con graffi prodotti sull'asfalto (Domenico Zarrelli che cade mentre spinge l'auto in panne e batte le mani sul selciato). Ma è anche vero che quando i Giudici Istruttori posero un secondo quesito al Medico legale, e cioè "Sono compatibili con ferite che lo Zarrelli può essersi procurato mentre impugnava il corpo contundente per colpire le tre vittime nella prima fase del massacro?", il Prof. Zangani rispose "Quest'altra cosa, invece, non posso escluderla". Questa risposta, quindi, fa comunque mantenere un pò di dubbi su quei segni riscontrati alle mani di Domenico Zarrelli. Dalle ultime novità si direbbe che l'assassino, comunque, si ferì in quella casa: che successe mentre adoperava il corpo contundente, che successe mentre adoperava il coltello da cucina, che successe (magari) perchè una delle tre vittime cercò di difendersi prima di morire. Dal momento che, dice Fabio Sanvitale, l'identità dell'assassino è saltata fuori da tracce di sangue presenti su un asciugamano trovato sulla scena del triplice delitto.
EliminaGrazie a te come sempre. Io sono convinto che possono essere stati o il dott. De Laurentiis o Domenico Zarrelli. Sono convinto dunque che il DNA ha svelato il nome di uno di loro due.
RispondiEliminaRiguardo la "pista medica", vanno ricordati anche i graffi al mento e al collo che furono notati dai colleghi d'ufficio del Dottore...
RispondiEliminaL'ho ricordato poc'anzi. Lo trovi scritto un po' più sopra.
EliminaÈ vero, grazie sundance. Peccato che, come per la sig.ra Simonelli sulla questione dell'eventuale complice intervenuto sulla scena del crimine dopo le 3.00, pare che non ci sia testimonianza verbalizzata (e quindi che valga come incidente probatorio) sui graffi al volto e anche alle mani del De Laurentiis che furono notate, se non erro, da un medico dell'INAM qualche giorno prima del rinvenimento dei corpi dei Santangelo. Ora, non ricordo se se non fu posta direttamente la domanda dagli inquirenti se fossero state notate o meno lesioni in varie parti del corpo del De Laurentiis o se semplicemente tali affermazioni non furono trascritte nei verbali.
EliminaSono elementi che tuttavia oggi conosciamo, ma non hanno valore giuridico perchè non vi è testimonianza, prova o documentazione. Ed oggi, sempre che il medico che notò tali lesioni sul volto del De Laurentiis sia ancora in vita, dubito fortemente che ricordi i dettagli della testimonianza che rese.
Magari tali elementi, se documentati e cristallizzati come incidente probatorio, avrebbero condizionato diversamente il corso delle indagini.... (Parlo anche della mancata testimonianza della Sig.ra Simonelli sul presunto complice)
In sostanza, un medico dell'Inam notò ferite ad una mano e al collo del dott. De Laurentiis. Questo episodio fu evidentemente raccontato anche al dott. Sirignano in quanto quest'ultimo lo testimoniò per Telefono Giallo nel 1988 (il dott. Sirignano parlò di una ferita notata dal suo collega alla regione mentoniera del De Laurentiis, giustificata dal De Laurentiis come ferita prodotta dal rasoio mentre era intento a radersi). Però, a queste voci raccolte, non hanno fatto seguito indagini. Lo dice anche una sentenza del 30 gennaio 1977 della sezione Istruttoria della Corte d'Assise d'Appello di Napoli: ovvero che non ci sono state indagini finalizzate ad approfondire queste dichiarazioni sulle ferite notate indosso al De Laurentiis. Quindi, scrisse la Corte in quella sentenza, "Su questo punto è impossibile argomentare essendo mancate delle indagini". Nel processo civile promosso in favore di Domenico Zarrelli anni dopo, l'avv.to Mario Zarrelli denunciò in proposito il comportamento di un inquirente: poiché quest'ultimo aveva riferito al magistrato che alcune persone interrogate avevano smentito d'aver notato ferite indosso al De Laurentiis quando invece (disse l'avv.to Mario Zarrelli) la domanda in questione non era stata posta a quelle persone in sede d'interrogatorio.
EliminaRiporto una considerazione che già feci tempo fa quando disquisimmo sulla pista del De Laurentiis e che ritengo valida anche per la pista Zarrelli. Tale considerazione riguarda la consapevolezza di chi ha vissuto o vive accanto all'assassino o al complice in qualità di moglie o convivente. Mi spiego meglio. In entrambe le piste, i sospettati avevano una persona con la quale dividevano il letto. Una moglie per il De Laurentiis, la ballerina giamaicana per il sig. Domenico Zarelli e una moglie per il sig. Mario Zarelli (possibile complice). Ora, credo sia difficile per queste donne ignorare la mancanza del compagno durante la notte della strage. Come difficile non notare indizi (abiti sporchi di sangue) o comportamenti sospetti nei giorni seguenti. Per farla semplice, ritengo improbabile che persone così vicine rimangano all'oscuro della verità. Sicuramente è una mia chiusura mentale, ma mi sono sempre chiesto se un coniuge o un compagno possa tacere per anni o continuare a vivere a stretto contatto con il protagonista di un massacro di questa portata senza scrupolo di coscenza. Probabilmente la risposta e si, ma personalmente la cosa mi fa pensare.
RispondiEliminaCondivido e comprendo le sue perplessità sig. Catalano. Sicuramente l'assassino ha al suo fianco qualcuno di molto caro che probabilmente sa, che fa finta di non sapere o, peggio, che non vuole sapere. C'è da dire che l'unico che avrebbe potuto "sfuggire" più facilmente a sospetti e domande imbarazzanti da parte del coniuge potrebbe essere senza ombra di dubbio il Dott. De Laurentiis. Egli era un medico, ed avrebbe potuto giustificare l'assenza da casa con la scusa di un turno notturno, turni orribili di 12-14 ore a cui sono sottoposti quando sono di guardia. Pertanto, sempre parlando per ipotesi, pur avendo lasciato l'appartamento di Via Caravaggio alle 5.00, avrebbe avuto il tempo di cambiarsi, che so, andando a prendere un cambio all'interno dell'armadietto in ospedale (in genere ce l'hanno sempre), oppure, sebbene macabro, avrebbe potuto indossare una camicia del guardaroba del Santangelo (è vero, la moglie conosce gli indumenti del marito, ma in pieno autunno inoltrato, sicuramente con una giacca o un cappotto sufficienti per coprire la camicia, poi si sarebbe diretto in bagno con la scusa di farsi la doccia e via! Camicia sparita.). Insomma il suo lavoro gli avrebbe facilitato indubbiamente più degli altri probabili sospetti il compito di giustificare tante cose, non solo l'assenza notturna da casa.
RispondiEliminaPer quanto riguarda un discorso più generico, quello che sicuramente voleva sollevare lei, sig. Catalano, purtroppo al mondo non siamo tutti uguali. C'è chi per amore sarebbe disposto a custodire (e pertanto a rendere falsa testimonianza) un delitto così atroce, c'è chi, invece, non calpesterebbe mai i propri principi per amore. La cronaca nera è piena di coniugi di sanno e che difendono tuttavia la persona amata spada tratta: guardate il marito della sig.ra Franzoni. Se in quella vicenda è vero che la signora ha ucciso il piccolo Samuele, il marito non solo difende un'assassina, ma mette il suo amore per la moglie prima di quello per suo figlio. Da rabbrividire.
Di certo, sig. Catalano, non si può sapere cosa possano provare i coniugi/fidanzati davanti anche al solo sospetto che la persona amata possa essersi macchiata di un triplice omicidio di tale portata e brutalità.
Da quello che ci racconta Daniele, ad esempio, la moglie del Dott. De Laurentiis difende ancora oggi, nonostante il marito sia deceduto, l'innocenza del coniuge. Quì le cose sono 3: o è assolutamente convinta della sua innocenza, o lo ama al punto da mettere il marito al di sopra della verità e giustizia, oppure è l'immagine perfetta dell'abnegazione.
So che ad esempio negli Stati Uniti gli inquirenti si servono di psicoterapeuti proprio per "torchiare" le persone che ruotano intorno ai sospettati, ma pare che, a volte, quello che dovrebbe rappresentare l'anello debole della difesa, diventa talvolta addirittura il punto di forza. Se ritrovo quell'articolo ve lo inoltro.
Ciao Maria, volevo agganciarmi al discorso che hai intrapreso perchè molto interessante sotto alcuni aspetti. Escludendo la facilità con cui il De Laurentiis avrebbe potuto nascondere alla moglie l'assenza notturna che per ovvi motivi in parte spiegati da Daniele e in parte contenuti nella documentazione su questo blog, non condivido. Ritengo insopportabile il peso che sarebbe gravato sulla moglie del medico dell'INAM. In quanto, oltre alla consapevolezza di trovarsi come coniuge il Mostro di Via Caravaggio, sarebbe pesato in modo inacettabile il movente del delitto, che ricordo essere la presunta relazione sentimantale tra la ragazzina ed il maturo marito. Tali considerazioni fecero vacillare in me la concretezza della pista medica. Sia perché la moglie del medico si è sempre dimostrata convinta dell'innocenza del marito sia perché ritengo che questa sicurezza fosse data dalla presenza del De Laurentiis all'interno delle mura domestiche la sera del delitto. Se così non fosse, a meno che la signora si trovasse davvero nella condizione di essere all'oscuro di tutto (cosa difficile da spiegare), sarebbe davvero un fardello enorme. Più comprensibile sarebbe la posizione della moglie di Mario Zarelli che potrebbe intendere le azioni del marito caritatevoli nei confronti di un fratello scapestrato. Quest'ultimo rapporto può rientrare più tranquillamente in quel discorso di soggettività emotiva verso azioni deprecabili avvenute nell'ambito famigliare che tu pocanzi citavi. Il caso Franzoni invece devo dire che mi ha sempre lasciato interdetto.
EliminaDal momento che non c'è prova di una relazione tra Angela e il dott. De Laurentiis, dal momento che Angela aveva comunque un fidanzato e dal momento che il padre di Angela era molto severo e controllava stretto sua figlia, penso che la pista De Laurentiis (come movente) si può reggere solo sull'ipotesi che era stato il medico ad andarsene di testa e che sperava, prima o poi, di essere ripagato da Angela per tutte le attenzioni che lui le faceva. E forse (sempre per ipotesi) ad Angela questo piacere al dottore non le dispiaceva (visto che comunque stravedeva per lui) e le piaceva sentirsi, per così dire, "corteggiata". Poi però deve essere successo qualcosa: all'illusione subentra la realtà e le cose non vanno come il dottore voleva che andassero. Oppure (più probabile) c'era qualcosa che aveva a che fare con ciò che Angela scriveva in privato su quaderni e diari. Teniamo presente che all'Inam c'era chi sapeva che De Laurentiis era vicino ad Angela, che le aveva trovato un fidanzato e che la ragazza scriveva tante cose a mò di diario. Quindi chissà: la paura di qualcosa che si era saputo nell'ufficio. La preoccupazione di una confidenza comunicata a qualcuno. Con la scusa di una visita medica informale, o di una visita di cortesia, l'andare a chiedere spiegazioni. De Laurentiis teneva certamente al posto di lavoro e alla sua tenuta familiare. In casa Santangelo la discussione prende un brutto verso tra il dottore e Angela e Domenico Santangelo interviene. Affronta nello studio il medico per capire cosa succede, la situazione sfugge di mano, la strage. Quindi è possibile sia questa ricostruzione sia quella che invece vede Domenico Zarrelli responsabile di quanto successe. Resta comunque il fatto che se fosse stato il De Laurentiis costui si assentò per l'intera notte e quindi resta il fatto che avrebbe dovuto spiegare tante cose ingombranti e inquietanti a chi viveva in casa con lui.
Elimina1. Per il sig. Catalano. Grazie per avermi risposto. Sig. Catalano. Nella mia risposta a lei nel precedente paragrafo avevo momentaneamente dimenticato la questione della presunta relazione clandestina tra il medico dell'INAM e la giovane Angela. Questo anche perchè, pur avendo rivelato questo blog tante notizie puntuali, approfondite e ben documentate su quegli che sono i maggiori ipotetici indagati sul caso, io, personalmente, non ho mai creduto alla pista De Laurentiis. Nonostante questo blog abbia riportato dettagli ed indizi degni di nota per i quali anche le mie cosiddette certezze iniziarono a vacillare, è sempre stata una pista che non mi ha mai convinta.
EliminaNeanche dopo il massacro e quindi successive conseguenti indagini nessuno può affermare con certezza che la relazione tra i due esistesse veramente. Per quanto riguarda la Sig.ra De Laurentiis, la sicurezza che ostenta davanti ai mass media non mi sorprende. Ammettendo per un momento che sia effettivamente lui il colpevole, di certo la signora non mostrerebbe le sue incertezze, non andrebbe a "mostrare il fianco" davanti ai giornalisti o avvocati, ossia degli estranei. Quello che poi potrebbe essere il suo fardello interiore, quello che può essere avvenuto all'interno delle mura di casa, è difficile da sapere. Noi che ne parliamo dall'esterno e con tutta la razionalità del mondo penso che siamo tutti concordi nel dire che una persona "normale" (lo metto tra virgolette perchè non sto assolutamente insinuando che la signora non lo sia, mi segua e capirà dove voglio arrivare, è un discorso più generico) davanti ad un adulterio ed terribile sospetto su un triplice omicidio, avrebbe preso tutto e se ne sarebbe andata di casa. È pur vero, che, la legge sul divorzio, pur essendo già legale all'epoca (L. 868 del 1970), di fatto un tempo le mogli casalinghe non divorziavano mai, vuoi per lo scandalo, per i figli, perchè spesso non avevano un sostentamento economico. Dobbiamo anche tenere a mente a quella che era la cultura del periodo. Non so che età ha lei, io ho 42 anni e quindi ho frequentato le elementari e le medie a cavallo tra gli anni '70 e '80. Ricordo che un rarissimo caso di figlio di divorziati era guardato come un appestato ed alcune mamme di altri bambini non volevano nemmeno che i loro figli ci giocassero. E se lei ricorda, sig. Catalano, la stessa Gemma Cenname aveva gia' manifestato la sua intenzione di divorziare dal marito durante uno sfogo con i suoi parenti-amici Bruno De Lillo ed Ida Iannitti, ma continuava ed esitare appunto per il timore delle critiche che la notizia avrebbe suscitato al suo paese di origine.
Tornando alla sig.ra De Laurentiis, sempre facendo la supposizione che fosse davvero il marito il colpevole del triplice omicidio.... Forse la moglie non aveva mai sentito pettegolezzi sulla presunta relazione del marito fino a quando le indagini sul caso non abbiano svelato tali indiscrezioni. Magari il marito (stiamo sempre parlando per pura ipotesi) le avrà detto che la giovane Santangelo si era presa una forte infatuazione per lui (sapete come ci si comporta con il coniuge: negare, negare, negare!!) e che lui tentava di arginarla anche per rispetto dell'amicizia verso il padre ecc. In ogni caso, una donna che si ritrova all'improvviso catapultata in una situazione adulterio + omicidio, dopo aver "metabolizzato" lo choc iniziale, avrà pensato che, con la morte della famiglia Santangelo, anche i commenti ed i pettegolezzi sulla relazione del marito sarebbero stati seppelliti insieme alla giovane ragazza. Atroce, crudele, indegno, ma la psiche umana è strana.
2. Per il sig. Catalano. Segue. Donne che per amore calpestano la loro dignità ce ne sono anche oggi. Scusi l'esempio poco plausibile, sig. Catalano, ma lei sa quante donne finiscono al pronto soccorso con evidenti ematomi e traumi dovuti da percosse e botte ripetute da parte di mariti, fidanzati, amanti ma che continuano a non denunciare celandosi dietro le solite patetiche scuse "sono caduta dalla scale", "ho sbattuto contro lo spigolo della porta"... ?? E parliamo del 2013, NON del 1975. Donne che, come dice anche Daniele, pensano che sopportare, rimanere con questi uomini sia il male minore.
EliminaTornando alla sua affermazione iniziale, concordo con lei. Senza alcuna certezza che confermi le mie parole, io dubito fortemente che il colpevole sia il Dott. De Laurentiis, ma non per l'atteggiamento sicuro e fermo della moglie.
Io (e spero che Daniele non me ne vorrà!! - scherzo) continuo ad avere una piccola parte della mia mente che continua a credere che il colpevole sia il Turro, diciamo un 30%, mentre il restante 70%, sia per le informazioni forniteci da Daniele che a causa di questo angosciante lungo silenzio della Procura, teme che il colpevole sia colui che adesso se ne sta a casa tranquillo e beato con 6 mln di € in tasca. Non ci voglio pensare, signori.
Se invece, un giorno, gli esiti degli esami del DNA, dovessero smentire le mie ipotesi e che il colpevole sia davvero il Dott. De Laurentiis, non mi resta che augurarmi per lei che, anche adesso che è vedova da qualche anno, riesca a convivere serenamente con la sua coscienza. Grazie per i suoi spunti sig. Catalano.
Per Daniele. Anche io avevo pensato ad una ricostruzione della sera dell'omicidio che stai proponendo tu in caso fosse il medico il colpevole. Però la scena del delitto sembra smentire alcuni dettagli. Ipotesi. Il medico, con la scusa della visita domiciliare, va da Angela a chiedere spiegazioni. Discutono. Allora ciò significa che la prima con cui parlò era Angela, e non il padre, la quale, invece pare fosse a letto per l'influenza. Invece si intrattiene con Domenico Santangelo il quale gli offre addirittura da bere. Situazione che non fa pensare ad una situazione tesa. Mettiamo il caso che il rigido padrone di casa fosse venuto a sapere di una verità così sconvolgente, ti pare che Angela se ne stesse "tranquillamente" in camera da letto a scrivere al fidanzato mentre il padre litiga con l'amante su questioni che riguardano lei?
EliminaDalle ricostruzioni ufficiali Angela SEMBRA addirittura essere stata colpita per ultima, ossia dopo aver sentito urlare la matrigna mentre veniva aggredita.
La questione dei diari di Angela costituisce un altro grattacapo nelle indagini. Ma chissà se, oltre ai soldi che prestava al papà, la giovane annotava anche delle continue richieste di denaro dello scapestrato Zarrelli alla zia.
D'altra parte fu l'avv. Zarrelli a raccontare in tv dei continui prestiti di Angela al padre. E, si sa, non era certo suo interesse raccontare dell' "altro", qualora ce ne fosse.
Sicuramente l'idea che hai avuto è interessante. Degna di riflessioni. Dal momento che Angela (lo dice il dott. Sirignano a Telefono Giallo) scriveva in quaderni e diari tante cose che succedevano intorno a lei. Ogni cosa a conoscenza di Angela era utile, per lei, per confidarlo nero su bianco a quaderni e diari. E Angela amava scrivere: il suo ultimo giorno di vita scrisse diverse lettere al fidanzato Nicola Sceral, ad esempio. Io penso che il povero Domenico Santangelo fu assassinato da qualcuno che proprio con lui non aveva in realtà niente a che spartire. Sono convinto che chi lo ha ucciso era un conoscente loro che però aveva contatti frequenti o con sua figlia o con la sua seconda moglie. Lui è stato aggredito per primo perché, per un qualche motivo, dovette interloquire con costui e perorare una "causa". Una causa o in favore di sua figlia o in favore della sua seconda moglie.
EliminaNon è facile per un coniuge denunciare l'altro coniuge e penso che è impossibile per un familiare denunciare un altro familiare (un consanguineo). La reputazione, la vita di tutti che si stravolge, i titoli sui giornali, gli interrogatori. Tanto più per un crimine orrendo come quello che a buon diritto autorizzò l'opinione pubblica e la stampa a guardare all'assassino di via Caravaggio come ad un mostro. E ancora oggi, sinceramente, me la sento di adoperare questo termine per fare riferimento all'assassino di via Caravaggio: mostro. Allo stesso tempo non è neanche facile vivere accanto a qualcuno, o avere in famiglia qualcuno, che ha compiuto qualcosa di così orrendo e spaventoso. E' anche questa una sofferenza. Che diventa doppia perchè obbliga chi sa a non parlare mai, a sopportare, a fare finta di niente, a dire il contrario se interpellato. Ma è ovvio che tra le due sofferenze un coniuge e un familiare ritengono questa la minore, tutto sommato. Non mi risulta che il dott. De Laurentiis lavorasse in ospedale: era medico sì ma prestava servizio presso l'Inam. L'Inam era un ente (nato nel 1943 e soppresso nel 1977, quando nacque il Servizio Sanitario Nazionale) che si occupava di assistenza pubblica ai lavoratori privati e alle loro famiglie. In altri termini il lavoratore privato stipulava un'assicurazione con questo ente e quest'ultimo, dopo, provvedeva a dare assistenza in caso di infortuni, malattie, cure mediche, cure ospedaliere. Infatti la sigla Inam stava per Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro le Malattie. Di conseguenza, non era un ospedale: c'erano gli uffici che si occupavano di pratiche e attività amministrative (ed era il lavoro che faceva Angela) e poi c'erano degli ambulatori nei quali i medici (come il De Laurentiis) e loro collaboratori si occupavano di visite mediche e certificazioni mediche. Al più, i medici si occupavano di visite fiscali a domicilio. Quindi è diverso da una struttura ospedaliera e, almeno immagino, non penso che si trattava di una struttura che restava funzionante durante le ore notturne.
RispondiEliminaSi, il padre di Mario-Vittorio-Domenico Zarrelli era un importante magistrato napoletano di Cassazione, Simeone Zarrelli. E' deceduto, all'età di 96 anni, nel maggio 1975.
EliminaCredo di comprendere le difficoltà di denunciare un familiare ma come si suol dire: ho visto matrimoni finire per molto meno :-)
EliminaComunque, una prima conclusione la si può trarre: se la Procura da maggio ad oggi (otto mesi, quasi un anno) non ha comunicato nulla pur sapendo nome e cognome del proprietario del DNA, significa che la loro volontà è di non comunicarlo mai, cioè sperano che l'oblìo riavvolga il caso.
RispondiEliminaTutto sta ora a capire quali sono i mezzi, leciti, per spingerli, contro la loro volontà originaria, a dichiarare ufficialmente i risultati dell'analisi.
Direi di si, visto che è passata l'estate e non hanno detto nulla; considerando che è da escludere il loro voler aspettare l'anno nuovo (hanno avuto di tempo settembre-ottobre-novembre per comunicarlo).
EliminaAllora noi continuiamo a bussare ai mass media finchè qualcuno non ci apra la porta e ci dia corda. Anche io sono un po' scoraggiata, sundance, ma il solo sapere che quel nome è rinchiuso in qualche fascicolo mi manda in bestia e mi da la forza di rialzarmi e combattere.
RispondiEliminaNon mi importa che quel nome possa avere una risonanza tale da far sobbalzare molti dalle sedie, ma ci siamo quasi.
Chissà se si può interpellare un avvocato , se magari c'è qualche altro modo, sempre lecito e legale, per non lasciare che questo caso cada nel dimenticatoio?
Ti sembrerà strano ma proprio l'avvocato che si è occupato della supervisione legale della relazione depositata in Procura nel novembre 2011 e che è stato d'aiuto per far depositare in Procura questa relazione, non può fare nulla di più. Me lo ha detto anche l'ultima volta che ci siamo sentiti, due mesi fa. Perché, comunque, non ha "titolo" nella vicenda: dal momento che non rappresenta una Parte civile. Di conseguenza, neanche a questo avvocato la Procura è tenuta a comunicare alcunché. L'ultima volta che l'ho sentita (è un avvocato-donna) mi ha detto di sapere che delle analisi di laboratorio erano state condotte sui reperti e tutto quanto. Poi mi ha detto "La Procura non ha intenzione di andare avanti. Non ha interesse ad andare avanti". Però non lo so su cosa si basa questo suo giudizio perché lei stessa mi ha detto che non avendo "titolo" nel merito della vicenda non ha seguito più il caso per molto tempo. Quindi non so se il disinteresse del quale lei mi ha parlato sta a significare "Sapevo che erano state fatte analisi. Visto che non si è saputo altro, vuol dire che evidentemente la Procura non ha trovato niente e quindi non ha interesse a fare altri passi in avanti" oppure se sta a significare "Sapevo che erano state fatte analisi. Ho saputo che è stato trovato un dato nuovo ma questo dato nuovo è diventato sconveniente per la Procura. Di conseguenza non hanno interesse a procedere oltre". A telefono ho preferito non chiederle di più perché sono cose delicate che sarebbe meglio affrontare faccia a faccia. In ogni caso le dissi che, sulla base degli articoli di Sanvitale, risulta esistere adesso un DNA e le feci capire che il mio sospetto andava sul nome di Domenico Zarrelli. Lei mi ha ascoltato ma non ha fatto commenti in proposito.
EliminaVerosimilmente, quante possono essere le persone (analisti della scientifica, magistrati ecc.) che sono a conoscenza del risultato delle analisi?
RispondiEliminaLa Scientifica della Polizia di Stato (di Napoli, immagino) e il dott. Melillo (il Procuratore aggiunto del capoluogo partenopeo che prese in consegna la richiesta di riapertura del caso, nel novembre 2011). Ma si direbbe che anche il giornalista Fabio Sanvitale lo sa perché qualcuno (che lo sa) glielo ha comunicato in via del tutto eccezionale.
EliminaE probabilmente lo sanno quel gruppo di professionisti (criminologi, psicologi, avvocati, genetisti) che hanno seguito il caso autonomamente. Certo, il segreto istruttorio è una cosa, negare la verità ad una famiglia massacrata ferocemente per non ammettere un autogol è un'altra.
EliminaDaniele non ti arrendere proprio adesso ti prego.
Al di là dei Santangelo, la gente non ne può più di silenzi, bugie, verità nascoste da chi che sia: Stato, Istituzioni, politica. Non siamo bambini ingenui a cui non si può raccontare la verità altrimenti ne rimarrebbe troppo sconvolto.
E poi tu ci hai lavorato tanto, hai intervistato i protagonisti, fatto ricerche, reperiti documenti giudiziari.
Non so cosa si possa fare adesso, ma di qualunque aiuto tu abbia bisogno, io ci sono. Io non mi arrendo davanti ad una porta chiusa.
Non mollare.
Grazie. Sono commosso. Davvero.
EliminaScusa Daniele, stavo facendo una riflessione. Diciamo per ipotesi che l'assassino sia l'ex imputato. Sai, come si dice "a pensar male è peccato, ma non ci si sbaglia mai"...
RispondiEliminaVolevo fare un'ipotesi un po' azzardata.
Secondo te (parlando sempre per supposizioni) a quel punto sarebbe plausibile pensare che l'avv. Mario Zarrelli abbia atteso 8/9 giorni per denunciare la scomparsa della zia e della famiglia per far sì che le ferite sulle mani del fratello si rimarginassero?
Lo so che le ferite sulle mani gli furono comunque trovate, ma dopo quasi 10 giorni è più difficile stabilire quanto fossero profonde in origine e di quale entità fossero.
Infatti l'ex imputato disse di essere caduto sulla ghiaia mentre spingeva un'auto in panne, e le sue ferite non risultarono compatibili con il morso di un cane.
E con una collutazione? Con il basamento di una statuina, che non fu mai ritrovata? Ripeto, si tratta solo di un'ipotesi, oltretutto un po' azzardata, ma vorrei sapere cosa ne pensi.
Sempre, ovviamente, parlando di ipotesi personali.....
Posso dirti che è fin troppo evidente che l'assassino volle ritardare la scoperta della strage perché aveva bisogno di tempo. Aveva bisogno di tempo per un motivo o per più di un motivo. Visto che, per il resto, ha lasciato l'appartamento in quell'orribile stato.
EliminaResto sempre un pò incerto sul fatto (sembra ormai certo) che l'assassino si sia ferito mentre tirava in testa alle vittime un oggetto contundente e poi le sgozzava (quando ormai credo che fossero svenute ed esanimi). Poteva essere così ferito da bagnare un'intera asciugamano? Le vittime hanno ferito l'aggressore? Anche se poi tutto ciò ormai non ha importanza. L'importante è costringere la Procura a sputare fuori la verità.
RispondiEliminaHo trovato qualcuno che, dopo essersi documentato sulla vicenda e sulle ultime novità, è disposto ad aiutarci. Per adesso non posso dirvi di più. Anche perché questa persona deve capire bene come potersi muovere.
RispondiEliminaTranquillo, non importa sapere il nome di questa persona nè quale sia il suo ruolo.
EliminaIo continuo a guardare il bicchiere mezzo pieno. La cosa importante è che, dopo varie porte chiuse, ne abbiamo trovato una socchiusa. Non dobbiamo arrendereci e fare in modo che questo terribile caso di cronaca nera venga gettato nell'oblio proprio ora che potrebbe esserci una svolta.
Sono contenta. È una buona notizia
Ciao Daniele, vivo a Napoli ma sono originario di Camigliano volevo farti i complimenti per il blog e soprattutto esortarti a non mollare .....sarebbe ora, alla luce dei nuovi sviluppi dare finalmente al mostro un nome tenuto conto che sono trascorsi quasi 40 anni...
RispondiEliminaCiao. Grazie a te che segui il mio lavoro e che, unendoti agli altri, contribuisci a far sentire viva questa richiesta di verità sul caso.
EliminaSai Gemma Cenname è tumulata accanto alla cappella dei miei nonni di Camigliano. Quando vado a far visita ai miei congiunti, spesso mi soffermo a guardare la sua foto...sembra quasi che chieda giustizia!!!!.in verità solo alcuni mesi fa ho collegato la morte di gemma cenname alla strage di via caravaggio...fino ad allora mia madre che, tra l'altro conosceva gemma, mi ha sempre raccontato che era stata uccisa brutalmente e messa in una vasca da bagno. ma senza entrare nella vera vicenda nè tanto meno mi ha mai parlato di Santangelo e della figlia Angela...alcuni mesi fa digitando su google strage di viareggio non volendo ho cliccato su quella di via caravaggio e solo allora ho visto la foto di gemma che è la stessa messa sulla lapide al cimitero del paese. Noi per anni abbiamo abitato a fianco ai cugini di gemma nella stessa via dove gemma ha vissuto prima di trasferirsi a Napoli.
RispondiEliminaTi ringrazio molto per queste informazioni, Fabio. Sai se a Camigliano abitano ancora dei parenti della signora Gemma Cenname? Avrei bisogno di parlare con loro.
EliminaQuindi la Cenname non fu tumulata col marito....
EliminaImmagino adesso che conosci più a fondo questa storia (questo blog è fatto benissimo) quali forti emozioni ti hanno assalito quando hai visto la foto di Gemma al cimitero di Camigliano....
Si dobbiamo avere la verità.
Probabilmente Fabio quando andavi al cimitero e ti soffermavi davanti alla lapide di Gemma, nella tua sensibilità di bambino-adolescente sicuramente il racconto di tua madre riguardo alla sua morte violenta, avrà suscitato in te un mix di sentimenti che andavano dalla curiosità, alla pietà fino allo sgomento. Fino a poco tempo fa, come tu stesso ci racconti, non sapevi che la morte di Gemma Cenname fosse legata alla strage di via Caravaggio, però sapevi che la povera donna non era morta, che so, per incidente d'auto o di una malattia. Elemento che già di per se scuote molto al livello emotivo-psicologico.
EliminaOra che conosci tutta la storia ci credo che l'ultima volta che hai visitato i tuoi cari al cimitero del paese ti si sia gelato il sangue....
Io continuo a confidare in Daniele, nella sua tenacia, nella sua bravura nell'istituire e curare questo blog, il suo instancabile lavoro attraverso testimonianze e documenti di giungere alla verità, e noi siamo tutti qui per sostenerlo.
Si ci sono ancora dei cugini a Camigliano...l'attuale sindaco vincenzo cenname è un discendente di gemma nel senso che il nonno era fratello di gemma...ci dovrebbero essere ancora due o tre nipoti franco cenname, luigi cenname e silvestro rocco ma dovrei chiedere a mia madre per conferma lei vive ancora la io invece manco da un pò..Io in verità daniele vorrei incontrarti perchè ci sono delle cose di cui volevo metterti a conoscenzai che forse potrebbero aiutarti ancora di più
RispondiEliminaQuando vuoi. Ti lascio la mia e-mail così possiamo metterci d'accordo: s.spisso@libero.it
EliminaTi confesso Maria che fin da piccolo quando andavo al cimitero quella foto mi ha sempre attratto...mentre mia madre provvedeva a pulire la cappella di famiglia io rimanevo lì a fissare la foto e incuriosito facevo mille domande a mia madre. Oggi essendo venuto a conoscenza della tragica vicenda avverto un' irrefrenabile voglia di giustizia e ti giuro quando sono andato l'ultima volta al cimitero cioè il 1° novembre quasi non riuscivo a guardare quella lapide come se mi fossi sentito in colpa per non aver potuto dire "Giustizia è stata fatta"
RispondiEliminaFabio sono molto contenta che tu sia entrato in questo blog... Vedi? Un errore di digitazione segnato dal destino! Scherzi a parte, mi emoziona molto avere la testimonianza di una persona come te che conosce la famiglia della signora Cenname e che può dare un contributo a questo blog.
EliminaTua mamma può raccontare qualche ricordo che ha di lei, almeno la sua memoria non sarà associata soltanto a quella orribile immagine della vasca da bagno.
Suppongo che la sua foto sulla lapide sia quella di lei che è apparsa sui giornali di quando era giovane e molto bella.
Capisco il tuo stato d'animo, quando penso a quella famiglia ed alla giustizia che non hanno mai avuto si stringe il cuore anche a me che non solo non conoscevo nè la famiglia Cenname nè la famiglia Santangelo, ma non vivo neanche in Campania.
Ma questo di certo non mi impedisce di unirmi al vostro coro di appello nel chiedere quello che a questo punto è rimasto, ossia la verità.
Daniele ti auguro di cuore che tu possa avere ulteriori spunti e materiale nuovo su cui lavorare. In bocca al lupo.
Grazie Fabio per la tua testimonianza, è da brivido.
Grazie. Quando Fabio vuole può scrivermi. Così possiamo concordare un incontro. Sono interessato a conoscere ciò che vuole raccontarmi.
EliminaSi Daniele appena riesco ad avere un pò di tempo tra lavoro e famiglia non esiterò a contattarti... tra l'altro ieri ho saputo parlando con mia madre che gemma cenname ha assistito al parto quando è nato mio fratello..vi giuro questa non la sapevo proprio!
RispondiEliminaOk.
Elimina*In uno dei primi articoli che ho dedicato a questo caso (2011) scrissi che di Domenico Santangelo si diceva fosse anche un informatore della Polizia. Penso che non c'è motivo adesso di non rivelarlo ancora: fu l'avv. Mario Zarrelli la fonte di questa informazione. Quando lo incontrai nel luglio 2011, l'avv. mi disse "Si diceva che il Santangelo fosse anche un informatore della Polizia".
RispondiEliminahttp://www.kapipal.com/sito-cronaca-nera
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RispondiEliminaInformo i miei lettori che il dott. Giovanni Melillo non è più il titolare del nuovo fascicolo d'indagine sul caso della strage di via Caravaggio. Il dott. Melillo, infatti, ha recentemente ottenuto un incarico presso il Ministero della Giustizia. Il nuovo Procuratore aggiunto di Napoli è il dott. Giuseppe Borrelli. Di conseguenza, dovrebbe essere passato nelle mani del dott. Borrelli il fascicolo sul caso.
RispondiEliminaDa quello che ho capito, il Dottor Giuseppe De Laurentiis era sposato all'epoca dei fatti. Quale alibi ha usato?
RispondiEliminaPer me sarebbe difficile fornire, a mia moglie in primis, una spiegazione plausibile per la mia assenza da casa dalle undici di sera alle 5 o le 6 del mattino.
Era sposato e credo sia giusto lasciar stare la persona di questo medico, deceduto, sul quale mai nulla di serio e di concreto è emerso.
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