lunedì 5 settembre 2011

Intervista all'avvocato Donato Pace

Pubblico il testo di una intervista che mi ha rilasciato l'avvocato Donato Pace, del foro di Potenza. L'avvocato rappresentò, assieme al collega Pietro Rocco di Torrepadula del foro di Napoli, la parte civile (Gaetano Santangelo, fratello di Domenico e zio di Angela) al processo in Corte d'Assise d'Appello di Potenza a carico di Domenico Zarrelli, svoltosi nel 1983.


-Buongiorno avvocato. La ringrazio per aver accettato di rilasciarmi questa intervista.

Buongiorno e grazie a lei.

-Avvocato, come entrò Lei nella vicenda processuale dell'allora imputato Domenico Zarrelli, in merito al caso della strage di via Caravaggio, nel corso del 1983?

Rappresentai la parte civile unitamente all'avvocato Pietro Rocco di Torrepadula (oggi deceduto; n.d.r.), il legale di Gaetano Santangelo (fratello di Domenico e zio di Angela). L'avvocato Rocco di Torrepadula aveva già seguito i due processi precedenti a carico di Domenico Zarrelli, svoltisi a Napoli.

-Quali furono, che Lei sa o che ricorda, i motivi per i quali la causa fu spostata da Napoli a Potenza al momento di iniziare il secondo processo in corte d'Assise d'Appello?

Non si verificò per ragioni particolari. La procedura prevede che, dopo un rinvio in Cassazione di una sentenza di Corte d'Appello, il dibattimento va spostato presso il Tribunale territorialmente più vicino al luogo che ha fatto da sede ai precedenti processi. Dal momento però che in quel caso il luogo più vicino era Salerno, dipendente da Napoli, fu scelta in sostituzione Potenza  (il sottoscritto ha saputo che sarebbe stata anche la difesa di Domenico Zarrelli a volere uno spostamento del nuovo processo fuori Napoli, per motivi, a detta della difesa, di incompatibilità ambientale - secondo un articolo di giornale del 1983 il dibattimento d'Appello-bis finì a Potenza per "Legittima suspicione"; n.d.r.).

-Quali furono i motivi per i quali l'imputato, dopo aver scontato una pena detentiva dal 29 marzo 1976 al 6 marzo 1981, fu nuovamente messo agli arresti (stavolta domiciliari) il 19 luglio 1983 in attesa della conclusione del processo di Potenza, visto che l'ultima sentenza era stata di assoluzione?

Non lo ricordo. Ricordo soltanto, come lei mi ha poc'anzi detto, che l'imputato affrontò in stato di arresto il processo di Potenza (l'autorità giudiziaria emise nuovo mandato di cattura a carico di Domenico Zarrelli perchè ritenne che sussisteva un pericolo di fuga dell'imputato. Forse la misura fu un pò eccessiva: Domenico Zarrelli, infatti, si augurò pubblicamente che la magistratura non prendesse nei suoi confronti questa misura, dichiarando alla stampa che non aveva nessuna intenzione di scappare, sentendosi innocente. Portò a sostegno di ciò il ricordo del suo arresto: si trovava in Inghilterra per motivi personali quando venne a sapere del mandato di cattura emesso a suo carico dalla Procura di Napoli, il 25 marzo 1976. Decise di tornare in Italia e di consegnarsi all'autorità inquirente perchè si sentiva innocente e intendeva dimostrare la sua innocenza; n.d.r.).

-La vicenda giudiziaria dell'avvocato Domenico Zarrelli è stata certamente molto particolare e un po’ atipica. Perché gli elementi oggettivi emersi nel corso delle indagini preliminari sul caso avrebbero dovuto scagionarlo sin da subito dalla lista dei sospettati: sulla scena del crimine, infatti, né le impronte digitali, i mozziconi di sigaretta e  le impronte di scarpa dell'assassino, né alcuni piccoli frammenti di vetro di occhiali da vista (che non appartenevano a quelli di Domenico Santangelo, la vittima) erano riferibili a Zarrelli. Inoltre, l'imputato aveva un alibi confermato e gli stessi periti del Sostituto Procuratore Italo Ormanni (coordinati dal professor Pietro Zangani) esclusero che alcuni segni alle mani, riguardanti Zarrelli, erano stati causati (come gli investigatori ipotizzarono) da un morso del cane delle vittime. Senza considerare il fatto che un testimone oculare (che riferì d'aver visto qualcuno al volante dell'auto del Santangelo) asserì che mai avrebbe potuto riconoscere con certezza l'autista e dette una descrizione della macchina diversa da quella della vettura di Domenico Santangelo (la Fulvia berlina della vittima si trovava infatti in avarìa e fu lasciata nei pressi del porto di Napoli dal Santangelo stesso. Furono difatti trovati le chiavi dell'auto nell'appartamento di via Caravaggio). Anche il movente ipotizzato dagli inquirenti si rivelò inattendibile. Considerando tutti questi importanti e inequivocabili dati di fatto, non ritiene avvocato che le valutazioni tecniche della corte d'Assise d'Appello di Potenza sono state molto obiettive nel condurre ad una sentenza di assoluzione con formula piena nei confronti dell'imputato?

Quello che posso dirle è che all'epoca si ritenne probabile questa eventualità: c'era stato un ritorno sulla scena del crimine successivamente alla strage per alterare i luoghi, mettendo nell'appartamento false prove a discarico. Riconosco tuttavia che erano condivisibili le motivazioni della sentenza che assolse con formula piena Domenico Zarrelli perché si trattava di un processo indiziario e gli indizi non portavano a Zarrelli. In più, il teste che convinse gli investigatori a ipotizzare l'eventualità di un ritorno sulla scena del crimine si rivelò inattendibile.

-Avvocato, l'11 novembre 1975 la portiera del palazzo di via Caravaggio 78, Flora Testa, parlò al giornalista Giuseppe Fedi (corrispondente da Napoli de "La Stampa"), di un uomo (sui 50 anni, capelli brizzolati, alto circa 1 metro e 75) che talvolta scendeva dinanzi allo stabile o nel parco del condominio, di pomeriggio, con il cane delle vittime (Dick) per portarlo a spasso lì intorno. Era certamente un dato da approfondire. Al processo di Potenza si discusse di questo episodio? Si cercò di capire chi poteva essere quest'uomo?

E' un episodio che non arrivò in tribunale, a Potenza.

-Avvocato, risulta dai giornali dell'epoca che durante il sopralluogo tecnico in via Caravaggio alcune foto della signora Cenname (contenute in un album) erano strappate a metà. Lei è a conoscenza di questo dato? Se ne è discusso al processo di Potenza?

Ritengo che fu una invenzione della stampa. E' una notizia infondata. C'erano solo alcune foto di nudo femminili (Che molto probabilmente riguardavano la signora Gemma Cenname anche se non vi fu mai una certezza, perchè il viso della persona ritratta non compariva; n.d.r.) all'interno del suo studio di ostetrica, sito a Napoli in via Mario Fiore (Nello studio fu trovata anche una pistola di proprietà della signora e furono trovati dei bossoli; n.d.r.).

-Al dibattimento si discusse, avvocato, del fatto che il diario di Angela Santangelo fu trafugato dall'assassino?

Non mi risulta.

-Avvocato, ritiene che l'assassino era molto conosciuto dalle vittime e che loro lo fecero entrare in casa quella sera senza immaginare reazioni pericolose da parte sua? (Domenico Santangelo lo riceve alle 23:30 mentre la moglie è in cucina davanti ad una tavola apparecchiata per la cena e mentre la figlia è a letto per l'influenza. E c'è tra l'altro una lettera di Angela, scritta al fidanzato Nicola Sceral un'ora prima del delitto, che dimostra l'assenza di un avvertito pericolo per quel 30 ottobre '75 sera. Terminando la lettera Angela difatti scrisse: "Sono le 22:30. Chiudo perchè si è fatto tardi e mi auguro di dormire. Riprenderò domani mattina")

Si, ritengo che l'assassino aveva una certa familiarità con i Santangelo. Proprio per le motivazioni di cui lei ha parlato.

-Perché, secondo lei, l'assassino trafugò dall'appartamento del delitto una pistola Baby Browning 6,35 che apparteneva a Domenico Santangelo?

Non ricordo questo elemento della pistola.

-Avvocato, pensa che oggi il caso potrà essere riaperto ricorrendo alla prova del DNA sui reperti e pensa che si potrà scoprire l'identità dell'assassino?

La mia opinione è che difficilmente si potrà riaprire il caso. Occorrono elementi nuovi che un pubblico ministero dovrebbe sottoporre all'attenzione della Procura. Sui reperti bisogna valutare lo stato di conservazione per le analisi sul DNA. I reperti comunque dovrebbero essere ancora tutti conservati, presso l'archivio penale del Tribunale di Napoli che fa capo alla Corte d'Assise del capoluogo partenopeo.

-Che idea si è fatto del colpevole?

Un soggetto che ha avuto un raptus improvviso.

-Le farebbe piacere una eventuale riapertura del caso, pur dopo più di 30 anni?

Si, sicuramente. Se ci fossero nuovi elementi. E naturalmente riconoscerei d'aver sbagliato convinzioni se oggi la prova del DNA dimostrasse la responsabilità, per quella strage, di un soggetto fino ad adesso rimasto nell'ombra.

-Lei pensa più ad un movente d'affari o più ad un movente privato?

Un movente privato. La mia esperienza mi suggerisce che quella strage non ha niente a che fare con un "linguaggio" malavitoso.

-Grazie avvocato.

Grazie a lei.

Daniele Spisso


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