domenica 4 settembre 2011

La strage (Dinamica ufficiale)

36 anni; 36 anni di piste trascurate e di processi a carico di un innocente. Questo è il tragico bilancio di un caso di cronaca nera spaventoso che sconvolse l'Italia a metà anni '70 e che è stato caratterizzato da una delle indagini più disastrose condotte nel nostro Paese. Oggi è finito nel dimenticatoio ma è necessario e importante riportare l'attenzione di tutti su questa vicenda, perché c'è un assassino che è rimasto impunito e perché al posto suo ha pagato una persona perbene che non c'entrava nulla, l'avvocato Domenico Zarrelli.
Uno spaventoso triplice omicidio verificatosi in un elegante appartamento di Napoli la sera del 30 ottobre 1975, tragicamente rimasto noto come la strage di via Caravaggio. Questa è la dinamica ufficiale, ipotizzata dalla Procura e dalla Squadra Mobile di Napoli nel 1975: quella sera, intorno alle 23:30, nell'appartamento interno 21, al quarto piano, del palazzo al numero 78 di via Caravaggio (parco "Fabi" - quartiere Fuorigrotta, 26 condomini in tutto) entra qualcuno. Il padrone di casa, Domenico Santangelo, deve conoscere bene il suo ospite: interrompe la cena che ha in corso in cucina con la moglie, Gemma Cenname (sposata in seconde nozze l'anno prima), e lo riceve nello studio nonostante l'ora tarda e insolita. All'ospite viene offerto un bicchiere di liquore e inizia una discussione. Sembra una visita come tante ma non è così: durante la discussione succede qualcosa, forse un litigio improvviso, una offesa di troppo, un ricatto insopportabile. L'ospite perde la testa e si trasforma in una belva furiosa, in un mostro: afferra un corpo contundente (individuato per caso nello studio) e aggredisce Domenico Santangelo, colpendolo alla testa in modo violento. La sua furia non risparmia neanche Dick, un cagnolino yorkshire (vincitore di due coppe d'argento in due manifestazioni canine) di proprietà dei Santangelo che in quel momento è vicino al suo padrone.
L'aggressore afferra la bestiola e la soffoca con una coperta. Il mostro di via Caravaggio esce dalla stanza e va in cerca dei testimoni da dover eliminare: in cucina, aggredisce e colpisce allo stesso modo Gemma Cenname. E' in questo stesso istante che si affaccia nel corridoio Angela, la figlia diciannovenne di Domenico Santangelo (la ragazza era in camera da letto dei suoi genitori, in pigiama, ed era influenzata). Angela apre la porta della camera da letto e si trova dinanzi l'assassino: l'aggressore, quasi sulla soglia della camera, la colpisce alla testa con lo stesso corpo contundente (con una violenza tale da ucciderla subito).
La sequenza degli orrori è appena iniziata: l'assassino torna in cucina e afferra un coltello. Si dirige ancora nello studio e, coprendosi con un cuscino, sgozza Domenico Santangelo (fino ad allora solo tramortito) con un solo colpo, uccidendolo; si reca nuovamente in cucina e assesta sei colpi da punta e taglio al collo di Gemma Cenname (fino ad allora solo tramortita), uccidendola; conclude la sua strage nella camera da letto dei due coniugi, dove assesta cinque colpi da punta e taglio al collo di Angela (già morta) e poi altri due colpi da punta e taglio nella regione epigastrica del suo corpo, anche questi inferti in fase post-mortem.
Durante tutta l'azione, l'assassino fa molto rumore nell'appartamento. Nel sangue delle sue vittime, sul pavimento, lascia tracce di impronte di scarpa (numero 41-42) e forse in giro per casa lascia anche mozziconi di sigarette (marca Gitanes, senza filtro). Probabilmente il nostro assassino porta anche occhiali da vista, rimasti danneggiati durante il massacro, come dimostrano alcuni piccoli frammenti di vetro (provenienti da una lente per la vista) trovati vicino al tappeto della stanza da pranzo (non repertati dagli inquirenti dell'epoca).
Il mostro di via Caravaggio non è ancora soddisfatto del suo lavoro: torna in cucina e infila alle mani un paio di guanti di gomma. Nello studio, prende il povero cagnolino Dick privo di vita e lo sposta nel bagno di casa, adagiandolo dentro la vasca. Ritorna ancora una volta in salotto e afferra il cadavere di Domenico Santangelo: comincia a trascinarlo lungo il corridoio, provocando una lunga scia di sangue (come una sottile sottolineatura) che attraversa il corridoio fino al bagno. Qui, solleva il cadavere dell'uomo e lo adagia nella vasca (riempita con 15-20 centimetri d'acqua fredda), sopra il cagnolino Dick. Stessa sorte anche per Gemma Cenname, che viene trascinata dalla cucina al bagno con un plaid che provoca una macchia di sangue di forma ampia e spessa lungo il tragitto, paragonabile ad una pennellata.
I suoi orrori cessano con Angela: la povera ragazza viene sollevata e sistemata sul letto matrimoniale dei suoi genitori, nascosta sotto lenzuola e coperte. L'assassino si reca nella camera personale di Angela: prende la sua borsa e ne sparge il contenuto sul letto della ragazza. Si appropria del diario personale della ragazza e lo trafuga.
Prima di fuggire, il mostro di via Caravaggio abbandona i guanti da cucina e lascia impronte di mani insanguinate sul davanzale della finestra del soggiorno. Forse per controllare in strada quello che succede. Alle 5 del mattino l'assassino stacca il contatore dell'appartamento ed esce, lasciandosi alle sue spalle una porta chiusa e quattro cadaveri massacrati in modo feroce. Muovendosi con una tranquillità inquietante: come se conoscesse benissimo il suo "territorio d'azione" (le abitudini dei residenti della zona, i movimenti d'auto lungo quella strada, l'orario di chiusura dei locali di quella zona. Come "Il Rifugio", ad esempio; un pub la cui ubicazione era sotto il palazzo di via Caravaggio 78, con parte del lato esterno esposta alla finestra del soggiorno dei Santangelo).
Chi è stato? Chi ha potuto compiere un massacro del genere in maniera tanto indisturbata e tranquilla?
Dopo 36 anni quasi più nessuno se lo chiede e gli investigatori si sono completamente disinteressati al caso. Non dovrebbe essere così: ci sono tre vittime che sono ancora in attesa di giustizia e c'è un innocente che per troppi anni ha pagato al posto del vero assassino. Ci sono tre persone che 36 anni fa, quella sera di autunno del 30 ottobre 1975, sono state uccise in modo spaventoso in quell'appartamento al quarto piano di via Caravaggio numero 78.
Oggi, nell'epoca delle tecnologie scientifiche e della prova del DNA, è possibile sicuramente fare un tentativo per cercare il profilo genetico dell'assassino sui principali reperti eventualmente ancora conservati (una bottiglia di brandy e una di whisky trovate su un mobile-radio e che presentavano impronte digitali estranee a quelle delle tre vittime, i mozziconi di sigaretta, i guanti da cucina, gli indumenti delle tre vittime, il plaid, una vestaglia adoperata per coprire una pozza di sangue sul pavimento, le lenzuole e coperte adoperate per avvolgere il corpo di angela sul letto, la coperta dentro la quale erano avvolti i resti del cagnolino Dick, la borsa di Angela trovata aperta sul suo letto ad esempio) e confrontarlo con quello dei potenziali sospettati dell'epoca mai presi in considerazione. Sono forse in pochi a sapere, infatti, che all'epoca del massacro due nominativi entrarono in particolar modo nelle attenzioni degli inquirenti: una pista collegata a motivi d'affari e una pista (più privilegiata e sorretta da indizi pesanti) collegata a motivi passionali, privati. La prima porta a Gemma Cenname (la donna affittò una casa di campagna di sua proprietà ad un rapinatore di origine calabrese, spacciatosi per un ingegnere chimico); l'altra ad Angela, la ragazza (girarono voci su un medico che prestava servizio nello stesso ufficio di Angela e che abitava a pochissima distanza da casa dei Santangelo).
Due piste collegate quindi ad altrettante persone che erano entrate nella vita privata dei Santangelo.
La verità si nasconde tra una di queste due persone? Sarà possibile riaprire e risolvere questo caso dopo 36 anni?

Daniele Spisso

































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